Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro del «solismo». Che stando nella notoria categoria del «solipsismo», rischia di soppiantare presto il «pericolo sovranista» riportandolo in effetti alla sua dimensione più originale. Ognuno padrone a casa propria, ma ognuno anche solo come un cane.
Non era certo questo l'obbiettivo di Matteo Salvini, che da buon leader che getta il cuore oltre l'ostacolo, lunedì prossimo voleva lanciare all'hotel Gallia di Milano il «Manifesto dei sovranisti» per celebrare un evento dirompente per l'Europa che verrà. Al momento, il problema sembra proprio quello: che non verrà proprio nessuno, nonostante fino a ieri sera per fronteggiare un'assenza imprevista (ma sospetta) di Marina Le Pen, forse gelosa di fare da «numero due» al capo del Carroccio, gli organizzatori enfatizzassero persino la partecipazione della sconosciuta leader dell'Afd tedesca, Joerg Meuthen, e i rappresentanti promessi dal partito di estrema destra austriaca Fpoe. Ieri pomeriggio, invece, i leghisti erano su tutte le furie, per quello che si apprestava a divenire un clamoroso flop del Matteo in salsa continentale. Dopo la Le Pen (che ha fatto sapere via Twitter che vedrà Salvini oggi a Parigi), a far rumore era il forfait dell'ungherese Viktor Orban, che in questo modo pare aver voluto ribadire che lui, concreto e mica fesso, resterà con i piedi ben piantati nell'eurogruppo Ppe (come, tra l'altro, gli aveva suggerito affettuosamente Silvio Berlusconi). Lecito domandarsi, a questo punto, chi siederà al tavolo della presidenza, accanto a Salvini. Pare che il posto sia appannaggio dei «fedeli» tedeschi di Afd, con l'aggiunta dei «celebri» sovranisti della terra di Finlandia e dello Jutland danese. Schieramenti per ora esterni al gruppo dell'«Europa delle Nazioni e della Libertà», dove nella trascorsa legislatura stavano assieme Salvini e la Le Pen. Ancora incerto e tiepidino sembrerebbe anche l'austriaco «partito della Libertà», e difatti il capolista di Fpoe, Harald Vilimsky, ieri si è contraddetto e, invece degli osservatori, si farà direttamente rappresentare da Salvini.
«Nessuna tensione tra Salvini e gli alleati storici europei, le assenze della leader del Rassemblement National e del premier ungherese erano scontate e concordate», si affannavano a spiegare fonti di via Bellerio. «Non c'è stato alcun invito che è stato rifiutato», sottolineavano, mentre il responsabile esteri della Lega chiariva che «lunedì Salvini lancerà la sua chiamata all'unità... Nessuna divisione, nessuno sgarbo, ma un primo passo per allargare la nostra famiglia».
Quello di una «famiglia allargata», almeno in Europa, sembra un progetto di difficile realizzazione. Molti sono i motivi di divisione di carattere nazionale e non solo, nel fronte che la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini, definiva «deriva estremistica», traendone una lezione per Matteo: «Derubricare il centrodestra italiano a coalizione regionale sarebbe un errore strategico, così come in Europa un cartello delle destre radicali sarebbe destinato alla marginalità e all'irrilevanza, come dimostra la scelta del premier ungherese Orban di disertare...».
Beffarda ironia anche dai 5S, che con l'eurodeputata Laura Ferrara parlavano del «due di picche di Orban e Kaczynski» a Salvini, «scaricato persino dalla Le Pen. Non si può pensare di governare l'Europa con gruppuscoli di estrema destra che hanno idee medievali e retrograde... E che vogliono irrigidire i vincoli di bilancio e aumentare l'austerity».
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