Un tempo era solo il nome di un caccia-bombardiere. Da ieri la sigla F16 è il simbolo d'una possibile doppia escalation sul fronte ucraino. Doppia perché la promessa fornitura a Kiev di questi aerei da parte di 4 paesi europei (Danimarca, Paesi Bassi, Belgio e Norvegia) ha una doppia valenza. Da una parte permetterebbe a Kiev di sopperire alle mancanze dell'artiglieria e di colpire in profondità il territorio russo. Dall'altra può spingere Mosca a colpirli nei cieli della Nato innescando una reazione dell'Alleanza. A evocare il secondo scenario è lo stesso Vladimir Putin: «Se verranno utilizzati da aeroporti di Paesi terzi, per noi saranno un obiettivo legittimo, non importa dove si trovino», ha detto ieri ricordando che gli F-16 possono trasportare armi nucleari.
Putin non parla a caso. I primi sei F16 forniti dalla Danimarca sono attesi nella base Nato di Fetesti, nel sud della Romania. Lì è previsto l'addestramento al combattimento di 12 piloti ucraini usciti da un corso preliminare di dieci mesi in Danimarca, Stati Uniti e Gran Bretagna. Ma l'addestramento nei cieli romeni porterà gli F16 a ridosso di una frontiera ucraina dove possono finire nel collimatore dei russi. Per capire se la minaccia sia concreta bisogna vedere se il dispiegamento dei caccia multi-ruolo rappresenti per Mosca una minaccia tale da spingerla a rischiare uno scontro diretto con la Nato. A oggi si direbbe di no. Sei F16 affidati ad appena 12 piloti addestrati in tutta fretta non sopperiranno alle attuali carenze strategiche di Kiev. Anche se impiegati per colpire le linee di avanzata russa non compenseranno la carenza di munizioni di un'artiglieria capace di garantire, a differenza dei raid aerei, cadenze di fuoco costanti e continue. E neppure le incursioni nelle retrovie russe farebbero la differenza.
In tutto ciò i restanti 39 dei 45 F16 promessi da Danimarca, Pesi Bassi, Belgio e Norvegia non sembrano destinati ad arrivare molto presto. Tredici velivoli danesi saranno in consegna a fine 2024 o nel corso del 2025. Paesi Bassi, Belgio e Norvegia si muovono ancor più a rilento. I Paesi Bassi fanno sapere che invierà i 24 aerei promessi solo quando l'Ucraina sarà pronta a riceverli. Ovvero quando ci saranno piloti in grado di farli volare e tecnici in grado di garantirne la manutenzione. Due condizioni non molto incoraggianti. A gennaio nessuno dei 12 piloti ucraini impegnati nei corsi iniziati ad agosto nella base danese di Skrydstrup era ancora in grado di volare. La scarsa conoscenza dell'inglese e l'abitudine a pilotare aerei russi con tecnologie meno complesse di quelle occidentali ha reso assai problematico l'addestramento. Non a caso la formazione dei prossimi otto piloti inizierà solo a fine estate. Ma ancor più complesso e il problema di una manutenzione che prevede squadre di 8/14 tecnici per ogni singolo aereo. La Nato prevede che i cinquanta ucraini prescelti e addestrati a questo scopo non saranno sufficienti a svolgere autonomamente il loro compito.
Per risolvere i problemi più seri bisognerà dunque decidere se far rientrare gli F16 in Europa o dispiegare in Ucraina dei tecnici Nato. Con il rischio, non indifferente, di trasformarli in obbiettivi dei missili russi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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