La regola del buongusto dovrebbe essere sempre la stessa: se non si ha contezza di ciò che si dice, o si fa finta di non averne, sarebbe meglio tacere. Ed invece, secondo quell'altra regola, che per i politici non esiste vergogna, ieri il segretario del Partito democratico Enrico Letta ha avuto il coraggio di dire che esiste un «gravissimo buco nella legge che permette ai magistrati (di centrodestra) di candidarsi nelle città dove sono in funzione». È vero, ha mille ragioni, peccato che a mettere in pratica, da sempre, questo mal costume siano stati proprio i politici di sinistra. E Letta lo sa benissimo.
Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica, preferirebbe «che nessun magistrato entrasse in politica e, anzi, che neppure avesse l'idea di farlo. Credo, inoltre, chi si candida, dovrebbe dare le dimissioni dalla magistratura ancor prima delle elezioni o non appena eletto». Pasquino ricorda che «il Pdha spesso candidato dei togati come riconoscimento per il buon lavoro svolto in carriera» e che «il primo magistrato eletto in Parlamento fu Oscar Luigi Scalfaro nel 1946».
Nessuno a sinistra è mai stato immune dal desiderio di coccolare ed avere dalla propria parte una toga rossa. A Letta, che fa lo gnorri, rinfreschiamo la memoria noi.
C'è una sfilza di magistrati che hanno fatto carriera dentro il Partito democratico. Michele Emiliano, ex procuratore capo della Repubblica di Bari, dal 2015 governatore Pd della Puglia, è passato anche da un doppio mandato da sindaco nel capoluogo pugliese. L'ex procuratore Antimafia, Franco Roberti (eurodeputato Pd), Anna Finocchiaro, più volte ministro dei governi di centrosinistra, entrò in aspettativa nel 1988, quando era pm a Catania; dopo aver militato in un partito per il quale ha ricoperto importanti incarichi nell'arco di 30 anni, è ritornata a fare il suo mestiere. Stessa cosa per l'ex pm di Milano Stefano Dambruoso, eletto a suo tempo con Scelta civica. Rientrati Doris Lo Moro (già giudice del Tribunale di Roma), non ricandidata da Liberi e uguali e il procuratore Domenico Manzione, sottosegretario all'Interno con Renzi.
Poi c'è Gianrico Carofiglio, a lungo pubblico ministero e dal 2008 al 2013 senatore Pd. Luciano Violante, parlamentare dal 1979 al 2008, senza mai dimettersi da magistrato. C'è anche il caso dell'ex pm di Viterbo Donatella Ferranti, rimasta fuori ruolo per 18 anni, prima al Consiglio superiore della magistratura e poi deputata Pd, fino a rientrare come giudice di Cassazione. Nella lista dei fuori ruolo anche Cosimo Maria Ferri, già giudice a Massa, oggi eletto nel Pd in Toscana. Giovanni Melillo, procuratore aggiunto a Napoli, uscito nel 2014 per fare il capogabinetto del ministero della Giustizia, è tornato nel 2017 sempre a Napoli, come Procuratore capo.
E poi un po' di storia recente. L'ex pm Luigi De Magistris, europarlamentare per l'Italia dei valori dal 2009 al 2011 e poi sindaco di Napoli. Antonio Ingroia, fino al 2012 magistrato della Procura di Palermo, poi Rivoluzione Civile. Nel 2013 i grillini, neofiti del Parlamento, propongono il magistrato ed ex senatore del Pci-Pds, Ferdinando Imposimato, per la carica di capo dello Stato.
Nel 2013, sotto le insegne del Pd, entra in Parlamento anche l'ex Procuratore nazionale Antimafia, Pietro Grasso che diventa presidente del Senato e cinque anni dopo leader di Liberi e uguali.Una mosca bianca: Felice Casson, senatore Ds-Pd dal 2006 al 2018, è l'unico ad aver dichiarato di non voler più tornare a fare il magistrato.
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