Si scivola sulla pista di ghiaccio allestita al Circo Massimo. E i volteggi della politica disegnano un arabesco al villaggio natalizio di Atreju, l'evento monstre di otto giorni con oltre 500 ospiti che celebra il secondo anno dell'era meloniana a Palazzo Chigi.
Tra il detto, il non detto e il gossip politico-mediatico, atterra un tema scottante che rischia di segnare pesantemente le feste natalizie della maggioranza. È il processo Open Arms di Palermo che si concluderà, salvo rinvii, il 20 dicembre con la sentenza sul vicepremier Matteo Salvini, imputato per sequestro di persona sulla vicenda della nave carica di clandestini che fronteggiò in qualità di ministro dell'Interno.
A casa Fdi la data del 20 è cerchiata con grande evidenza nell'agenda di governo. «Sì, ma sia chiaro, per noi non sarà una giornata da bollino rosso» anticipa la deputata Sara Kelany, relatrice del decreto Flussi e responsabile di partito per l'immigrazione. I colonnelli di Giorgia Meloni, mentre la premier tesse relazioni internazionali ed è spesso all'estero, hanno le idee chiare su come gestire un'eventuale condanna del leader leghista, oggi ministro dei Trasporti e vicepresidente del Consiglio. La linea non prevede crepe: sostegno assoluto all'alleato in nome del garantismo. E non sarà certo Forza Italia, partito insofferente ai processi giudiziari di matrice politica, a chiedere passi indietro a un ministro qualora venisse condannato a qualche anno di carcere l'accusa ne ha chiesti 6 come sequestratore di esseri umani.
«Ma scherziamo? Caso mai sarebbe una medaglia al merito» s'infiamma l'eurodeputato Fdi Carlo Fidanza, sensibile al tema della magistratura militante anche per essere finito nel tritacarne dell'inchiesta milanese sulla fantomatica «Lobby nera». Tanto fango prima dell'immancabile archiviazione.
Corre con un andirivieni frenetico tra la sala vip, il palco e i padiglioni Giovanni Donzelli, l'uomo forte dell'organizzazione di Fratelli d'Italia e l'assemblatore del programma sterminato della kermesse nazionale. Sente che si parla del tema Salvini e dice la sua con una battuta lapidaria mentre è richiamato sul palco da qualche fischio alla senatrice grillina Alessandra Maiorino nel panel sull'etica: «Ha servito la Nazione».
Negli equilibri del primo partito italiano viene considerato in ascesa il senatore Salvatore Sallemi, «Salvo», avvocato di Ragusa che ha marcato stretto i tribunali siciliani impegnati a boicottare le misure anti immigrazione del governo con continue sentenze anti respingimenti. Lo hanno definito uno dei parlamentari più eleganti per gli abiti impeccabili e fanno notare che ricorda un po' Michele Placido da giovane. «Una condanna per Salvini? Vediamo, ma io sono garantista, quindi per la presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva. E Conte che durante quella vicenda era presidente del Consiglio?».
Lo scudo per Salvini non è soltanto un tema teorico di discussione tra parlamentari e dirigenti ad Atreju, ma una certezza che ha già preso corpo nel governo a pochi giorni dal verdetto di Palermo.
Se ne fa portavoce anche la ministra per la Famiglie e le Pari opportunità Eugenia Roccella, da sempre allergica alle invasioni di campo della toghe oltranziste: «Siamo compatti su Salvini». E sfodera un sorriso con una stilettata velenosa indirizzata al circo della sinistra giustizialista: «Insomma, è diventata garantista anche Chiara Valerio sul filosofo Caffo».
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