«La moda deve tornare di moda» dice nel backstage Alessandro Varisco, amministratore delegato di Twinset. A pochi passi da lui le modelle si mettono in fila secondo l'ordine d'uscita in passerella e tra loro spiccano tre top: Laetitia Casta, Doutzen Kroes e Abby Champion. Un tempo questo sarebbe stato il magic moment per tentare di strappare una dichiarazione alla Casta che non vuole mai parlare con i giornalisti ma non può neanche bloccare il cosiddetto «line up» quando sta per cominciare la sfilata.
Stavolta invece lei resta nel suo brodo, noi nel nostro: ci siamo tutti un po' stufati di questi stanchi riti da cui comunque dipende una delle più importanti industrie del Paese. Chi lavora da tempo nel mondo della moda sa che nella stragrande maggioranza dei casi i vestiti in passerella sono un di cui, contano piuttosto gli accessori che si vendono meglio.
Il felice risultato è che non ha più senso parlare di tendenze: ciascuno fa sfilare quello che crede nella speranza di azzeccare le scarpe o le borse (meglio entrambe ma è difficile) della stagione. Per la cronaca da Twinset abbiamo visto anche deliziosi completi estivi in pizzo di maglia lavorato a crochet e i vestitoni di seta boho chic degli anni '70 oltre ai bellissimi sandali plateau e ai pratici borsoni in camoscio color cognac. Da Fendi sono in scena gli anni Venti del secolo scorso quando il brand è stato fondato a Roma da Adele Casagrande e da suo marito Edoardo Fendi. Le modelle sfilano con evanescenti vestine a vita bassa finite da lunghe frange perfette per ballare il charleston, con un sublime abito a t-shirt in cocco nappato color tortora oppure con un soprabito in suede bello da fermare un orologio su una colonna sonora dominata dalle voci di Anna e Silvia Fendi che parlano della fondatrice madre della prima e nonna della seconda. In sala c'è chi dice che al posto dell'attuale direttore creativo arriverà John Galliano e chi fa il nome di Pierpaolo Piccioli ma la sola cosa certa è che il centenario di Fendi sarà festeggiato il prossimo luglio a Roma. Intanto in questa sfilata è ricomparsa la Mamma Baguette, versione grande della mitica borsina Fendi e poi è emersa almeno una tendenza: le trasparenze in salsa pudica cioè dettate dall'esigenza di vestire leggero con le torride temperature dell'estate più che dal bisogno di essere sexy. Anche da Peserico la donna si veste di un niente che è tutto. Qui le trasparenze sono date da un uso supremo di nuovi materiali come l'organza di seta mescolata a fili di metallo che danno un effetto stropicciato su cui scivola con grazia la luce. La donna diventa così eterea, luminosa, libera e sognante, una che porta le gonne dritte da signora con le sneaker e rende moderna anche l'antica tecnica di ricamo Cornelly.
Insomma una gran bella collezione che il direttore creativo Paola Gonella dedica in parte a Geraldine Cobb (l'aviatrice americana che voleva diventare astronauta e aprì le porte della Nasa alle donne) e in parte al sogno o meglio alla sua capacità di creare una dimensione in cui i ricordi del passato si mescolano ai desderi del futuro. Meno sognante del solito la collezione Ferretti ed è un peccato, ma anche qui le trasparenze hanno un nuovo garbo che le rende portabili perfino da chi non ha più l'età per mettersi in mostra. Sgarbato oltre ogni dire il faraonico ritardo di 56 minuti con cui comincia la sfilata di Marni. Pare sia colpa del traffico in cui son rimaste bloccate sette modelle dopo lo show di Fendi, ma la scusa è inaccettabile: non serve avere tutti le stesse donne se non lasci il tempo di vedere i vestiti e soprattutto gli altri show.
Da ripensare anche la sfilata di Fiorucci cui manca lo spirito ribelle e al tempo stesso gentile del marchio creato nel 1967 dal grande Elio. Un'occasione sprecata soprattutto perché la stilista Francesca Murri ha un curriculum di tutto rispetto con esperienze da Versace, Armani, Etro, Gucci, Ferragamo e Givenchy ai tempi di Riccardo Tisci.
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