Che il blocco tecnico sul gasdotto Nord Stream 1 possa in realtà nascondere uno stop definitivo delle forniture da Mosca più che un timore sembra ormai una certezza a Bruxelles. La Russia dovrebbe far ripartire l'infrastruttura domani, ma in Ue «stiamo lavorando sul presupposto che non torni in funzione» il gasdotto, ha detto il commissario europeo al Bilancio, Johannes Hahn. Si dà per scontato che il blocco sia definitivo, la chiusura è sembrata da subito un pretesto e ha chiara l'intenzione del Cremlino di interrompere le forniture. Secondo Reuters invece la Russia riprenderà regolarmente le consegne all'Europa attraverso Nord Stream, sebbene a una capacità inferiore rispetto alla sua portata di 160 milioni di metri cubi al giorno. Anche secondo Bloomberg domani Gazprom sarebbe pronta a riavviare le forniture, a flusso ridotto, una notizia che ha fatto scendere i prezzi del 2%. Ma la decisione finale ancora deve essere presa dal Cremlino. E in Ue l'allerta è ai massimi.
«Stiamo lavorando su tutti gli scenari possibili e il peggiore è l'interruzione totale della fornitura», conferma il portavoce della Commissione europea per l'energia, Tim McPhie. «È impossibile per noi prevedere cosa farà Gazprom. Dodici Paesi hanno subito interruzione di fornitura da un giorno all'altro. Quello che farà domani Gazprom è una scommessa» aggiunge il portavoce Eric Mamer. L'eventuale impatto sull'Italia e sugli altri Paesi lo mette nero su bianco un report del Fondo monetario internazionale. Se non si riuscirà a compensare le perdite con fonti alternative, e ci sarà invece un «approccio frammentato» all'approvvigionamento del gas, la chiusura delle forniture dalla Russia potrebbe causare per l'Italia in una perdita di Pil tra il 3,5% e il 5,5% nello scenario peggiore, o inferiore all'1% in quello migliore. Andrebbe peggio, in Europa, solo per Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca. Con un «approccio integrato» al mercato del gas la perdita di Pil in Italia si potrebbe contenere tra lo 0,5% e il 2%. «Il nostro lavoro», si legge nel report del Fmi, «dimostra che in alcuni dei Paesi più colpiti del Centro e dell'Est Europa, come Ungheria, Repubblica Slovacca e Repubblica Ceca, c'è il rischio di carenze di gas fino al 40 per cento e di una riduzione del prodotto interno lordo fino al 6 per cento gli impatti, tuttavia, potrebbero essere mitigati mediante la messa in sicurezza di forniture alternative, l'allentamento delle strozzature infrastrutturali, l'incoraggiamento al risparmio energetico, proteggendo al tempo stesso le famiglie vulnerabili e ampliando gli accordi per la condivisione del gas tra i Paesi». Anche l'Italia, si legge, «subirebbe impatti significativi a causa della sua elevata dipendenza dal gas. Gli effetti su Austria e Germania sarebbero meno gravi ma comunque significativi. L'impatto economico sarebbe moderato, forse inferiore all'1 per cento, per gli altri Paesi con accesso sufficiente ai mercati internazionali del gas». La Germania, che potrebbe reggere meglio, rischia comunque «impatti economici notevoli» nel caso di incertezza dei canali di approvvigionamento, con «un aumento dei prezzi del gas all'ingrosso che potrebbe far aumentare significativamente l'inflazione». Per le simulazioni del Fmi «il risparmio volontario da parte degli utenti potrebbe ridurre le perdite economiche di un terzo e un piano di razionamento ben organizzato potrebbe ridurle fino a tre quinti». Servono insomma condivisione e solidarietà tra i Paesi nelle forniture, avverte il Fondo.
Se infatti il gas naturale liquido non sarà condiviso e i prezzi mantenuti artificialmente bassi, il Pil europeo rischia di segnare il -3%. Mentre sulla questione del grano la Russia è pronta a cooperare per l'esportazione di quello ucraino, ma vuole che siano tolte tutte le restrizioni alle esportazioni del grano russo.
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