«Cercate Saman». Non si dà pace Ayub Saqib, il fidanzato della diciottenne pakistana scomparsa da Novellara nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio scorso, quando probabilmente è stata fatta a pezzi dalla famiglia, perché si opponeva al matrimonio combinato con il cugino in patria.
E combatte, combatte senza tregua per conoscere la verità. «Ho presentato un ricorso urgente al comitato delle sparizioni forzate dell'Onu a Ginevra per chiedere che si continui a ricercare cum vita - spiega il legale del giovane, l'avvocato Claudio Falleti - ovvero a prescindere dalla fine della povera Saman, non soltanto in Italia, ma che le ricerche vengano estese con più attenzione anche negli altri Pesi europei dove lo zio e l'altro cugino ancora latitanti si sono mossi, ovvero in direzione Barcellona e Francia».
L'atto è stato depositato sabato e la risposta dovrebbe arrivare tra quindici giorni. Questo potrebbe far ripartire le ricerche, sospese il 12 luglio scorso. «Nella stessa richiesta - prosegue Falleti - ho chiesto anche che venga lasciato ai genitori di Ayub un salvacondotto per rientrare in Italia dal Pakistan, visto che sono stati oggetto di minacce da parte dei familiari di Saman, provate da un video e da denunce».
Dai verbali dei militari dell'Arma sembrerebbe che il padre della 18enne, Shabbar Abbas, fosse vicino agli ambienti della mafia pakistana. Nel corso di una telefonata al fidanzato, infatti, lei lo metteva in guardia. «Ho molta paura perché è una persona pericolosa e ho paura anche per i miei che sono in Pakistan - aveva detto Ayub Saqib, nell'interrogatorio del 5 maggio -. Infatti Saman in alcune chiamate mi ha fatto chiaramente capire che suo padre ha già ucciso altre persone sia in Italia che in Pakistan».
Le ricerche del corpo della diciottenne, concentrate nelle campagne di Novellara, nel Reggiano, vicino all'azienda agricola dove lavorano i parenti, sono andate avanti per 67 giorni senza risultati. Difficilmente, dopo quattro mesi, si riuscirà a individuare quel corpo che, secondo la testimonianza rilasciata dal fratello 16enne, potrebbe essere stato fatto a pezzi e gettato nella zona di Guastalla. Questo era stato deciso da due parenti, che avevano partecipato a una riunione a casa degli Abbas pochi giorni prima della scomparsa di Saman. Il ragazzino avrebbe anche negato la responsabilità dei genitori, chiamando in causa altri due cugini, che però non risulterebbero indagati. Così come non risultano ricerche nella zona di Guastalla. L'inchiesta per omicidio e occultamento di cadavere vede attualmente indagati i genitori, lo zio di Saman, Danish Hasnain, il cugino Nomanulhaq Nomanulhaq, tutti latitanti, e Ikram Ijaz, l'unico in carcere a Reggio Emilia. «Mamma e papà non hanno mai pensato di fare questa cosa», ha detto il fratello ai pm emiliani. Ora sarà compito degli investigatori stabilire se il giovane, ospite in una struttura protetta, dice o meno la verità.
Saman l'11 aprile si era rivolta ai carabinieri di Novellara per denunciare nuovamente i genitori, come aveva fatto nel novembre del 2020.
«Sono disposta a tornare in comunità, non in Pakistan», aveva ripetuto il 22 aprile all'Arma. Ma, quando ha deciso di tornare a casa per recuperare i documenti sottratti dai genitori, ignorava che stava firmando la sua condanna a morte. TPa
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