Roma «Quello che è accaduto a Roma è la fotografia di una politica inconsistente, incapace di decidere, capace solo di rinviare. Una politica che subisce il ricatto dei violenti, senza dignità, senza rispetto per se stessa e per le istituzioni. Una politica debole davanti a ricatti violenti, arrogante di fronte ai deboli e ai bisogni delle persone». Stefano Parisi (Energie per l'Italia) non risparmia critiche alla mobilitazione dei tassisti che ha provocato blocchi e caos nella città e, in diversi casi, anche vandalismi e manifestazioni di violenza. Una cosa, scrive il leader di Epi, è «protestare contro la concorrenza sleale di attività di trasporto pubblico svolte fuori dalle regole, altro è il violento contrasto contro una norma che riguarda gli Ncc e che non ha nulla a che vedere con i principi della concorrenza». «Molte aziende e cooperative di taxi sanno - aggiunge Parisi - che la concorrenza si batte con la qualità del servizio e con l'innovazione tecnologica, che nel trasporto urbano può dare vantaggi straordinari». In ogni caso «il fatto che il ministro dei Trasporti abbia ceduto al ricatto dei violenti e abbia trattato in presenza di una manifestazione violenta e non autorizzata - conclude Parisi - è un precedente grave che getta ulteriore drammatico discredito sulle nostre istituzioni». Parisi attacca pure la Raggi accusandola di avallare con il suo appoggio ai tassisti l'azione di chi «mette a ferro e fuoco la città per i propri miopi interessi». Una protesta, quella dei tassisti, nata dal decreto Milleproroghe di cui è atteso per oggi il voto definitivo alla Camera, dopo che ieri sempre l'aula di Montecitorio ha votato la fiducia al testo approvato dalle Commissioni e identico a quello votato dal Senato. I voti favorevoli sono stati 337, i contrari 187 (due gli astenuti). Durante le dichiarazioni di voto non sono mancate, però, critiche come quella di Parisi da parte dei rappresentanti delle opposizioni. Dalla Lega ai 5 Stelle, tutti hanno sottolineato il carattere sconclusionato di quella che da più parti viene chiamata una «follia legislativa». «Il nostro è un no convinto - ha spiegato in aula Alberto Giorgetti - perché buona parte delle norme contenute in questo provvedimento va a vanificare scelte fatte con la Legge di Bilancio 2017». «Scelte che ci sono state presentate - ha aggiunto - come esempi di grande etica pubblica, di progressiva responsabilità nelle spese pubbliche, salvo poi accorgersi giusto un mese dopo che, ad esempio, gli enti locali non riescono a stare nei tempi per varare i documenti di bilancio necessari. «La Lega - ha spiegato il deputato Roberto Simonetti - non dà la fiducia a un governo avulso dalla realtà e lontano anni luce dalla gente e che si ostina a tenerci in ostaggio. Vogliamo liberare i cittadini che ormai sono prigionieri delle scelte politiche e della litigiosità di un governo che sta bloccando l'intero Paese».
«Questo decreto - gli fa eco il capogruppo grillino alla Camera Vincenzo Caso - è un indegno marchettificio. Ed è uno dei motivi per cui noi non voteremo l'ennesima fiducia. Non la voteremo pure perché nel dl c'è una sanatoria per i bilanci dei partiti e la proroga della cig ai dipendenti di partiti già morti».
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