Andrea Ungari, professore ordinario di Storia contemporanea all'Università Guglielmo Marconi e Direttore della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, è un attento conoscitore della storia italiana del Novecento.
Dopo le manifestazioni di Torino, il ministro della Giustizia ha detto: «Ho visto come è nato il terrorismo, proprio anche a Torino: hanno iniziato così, prima si incita alla rivolta, poi si aggrediscono i poliziotti, poi si fa il gesto della P38 per strada e poi però si spara». C'è un rischio di emulazione degli anni di piombo?
«Gli anni Settanta sono stati un periodo molto particolare, c'era una massa di giovani diversa da oggi anche da un punto di vista demografico, oggi il clima di violenza per fortuna non è maggioritario ma va tenuto sotto controllo poiché assistiamo al riemergere di una certa conflittualità in alcune frange giovanili. Occorre però anche dire che Torino è da sempre una piazza particolare caratterizzata da posizioni estreme come il movimento no Tav».
Perché c'è una fascinazione da parte di alcuni giovani per il linguaggio, i simboli e gli slogan degli anni Settanta?
«Non credo questi giovani abbiano davvero contezza di cosa siano stati gruppi come le Br e, più in generale, gli anni in cui alcuni pensavano che distruggendo l'avversario politico si sarebbe potuto cambiare il mondo. Le manifestazioni vanno comunque tenute sotto controllo anche se negli anni Settanta c'era una zona grigia tra il Pci e questi mondi che oggi invece non hanno sponde politiche. Diciamo che se esiste un certo ribellismo nato dal disagio sociale e dall'emarginazione, molti giovani che scendono in piazza appartengono in realtà a un'élite borghese che gioca a fare la rivoluzione. I classici figli di papà per intenderci».
Il fatto che ci sia un governo di centrodestra incide sulle proteste?
«Senz'altro. La presenza di un governo di centrodestra accresce queste proteste ma l'attività di una certa stampa (anche estera) che dipinge l'attuale governo come fascista non aiuta. Spesso assistiamo a manifestazioni indette con argomenti pretestuosi e i cortei per la Palestina sono emblematici da questo punto di vista perché testimoniano il corto circuito esistente a sinistra. In Italia la sinistra difende determinati valori come la libertà delle donne ma all'estero si schiera con realtà come la Palestina in cui questi diritti non esistono. Inoltre dipinge i manifestanti come studenti innocenti ma spesso non è così come testimoniano le immagini della polizia aggredita».
Pensa ci sia una saldatura in Italia tra mondi legati all'islam radicale e la sinistra estrema?
«Negli anni Settanta c'era una saldatura tra il movimento filo palestinese e la sinistra extraparlamentare anche con i movimenti di lotta armata, oggi non ci sono gruppi di questo genere ma si può dire che esistono elementi di legame tra i due mondi, non si spiega se no la continua insistenza sulla causa palestinese. È perciò importante che il Viminale vigili per contenere certe pulsioni».
Il presidente del Senato ha dichiarato che «c'è una china che riporta alla vicenda di Ramelli, fermiamoci prima che sia tardi». Si può tornare a episodi drammatici di questo genere?
«Il rischio purtroppo c'è sempre ma oggi non è come negli anni Settanta anche se soffiare sul fuoco del pericolo fascismo, sui temi dell'antifascismo e dell'anticomunismo non aiuta, sono tematiche lontane dai giovani contemporanei. La politica ha il compito di disincentivare e abbassare i toni anche perché la violenza genera altra violenza».
In conclusione, possiamo dire di aver raggiunto la pacificazione nazionale?
«Ci sono alcuni partiti di estrema sinistra che cavalcano le
proteste, d'altro canto molti dei loro esponenti sono figli di quegli anni, non penso questo avvenga con il Partito democratico anche perché non potrebbe permetterselo essendo un partito vicino alle banche e alla finanza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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