Una tegola da 2 milioni di euro si abbatte sulla famiglia Riina. Ninetta Bagarella, moglie del capo dei capi Totò, morto il 17 novembre del 2017, e i figli non ne vogliono sapere e rispondono picche a Riscossione Sicilia, la società che si occupa dei tributi nell'isola e ha inviato una salata cartella esattoriale per le spese di mantenimento del loro congiunto in carcere, così come dispone da legge. Tanto, a conti fatti, ha speso lo Stato per il mantenimento del boss dal 15 gennaio del 1993, quando mise piede nel carcere di Parma, al giorno in cui è deceduto, nel reparto detenuti dell'ospedale della città in quanto malato da tempo, ed era stata rigettata l'istanza di farlo uscire dal penitenziario per trascorrere a casa quel che gli restava da vivere. Ad attivare la procedura per la richiesta dell'esoso importo è stato proprio il carcere di Parma.
Anche adesso che non c'è più, Totò U Curtu continua, dunque, a far parlare di sé, anche perché la questione non si dirimerà facilmente, visto che la famiglia ha messo di mezzo un legale, l'avvocato Luca Cianferoni, e sta cercando di schivare la grossa tegola rinunciando all'eredità con una dichiarazione al tribunale civile di Parma. «A noi sembra una boutade, perché la legge esclude espressamente che il rimborso per le spese di mantenimento in carcere si estenda agli eredi del condannato dice il legale -. Perciò stiamo studiando bene la questione. Torno a ripetere che è una boutade. Ci avevano già provato quando Riina era vivo. E adesso si rifanno vivi con i suoi eredi».
La questione riguarda l'articolo 189 del Codice penale che dispone che lo Stato «ha ipoteca legale sui beni dell'imputato a garanzia del pagamento» tra le altre cose «delle pene pecuniarie e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato, delle spese del procedimento, delle spese relative al mantenimento del condannato negli stabilimenti di pena, delle spese sostenute da un pubblico istituto sanitario ». Ma l'avvocato dei Riina sostiene che l'obbligo non si estende agli eredi. E chiude con un interrogativo retorico: «Agli altri, come ai Provenzano o ai Morabito, è stata recapitata la cartella esattoriale?».
L'ultimogenita del capo dei capi, Lucia, 39 anni, intanto, annuncia un nuovo inizio, da Parigi. Su Facebook parla di «vita nuova» grazie al ristorante «Corleone by Lucia Riina». Vita nuova, dunque, ma sempre nel nome della famiglia, che non viene mai disconosciuto, anzi è in bella posta. Nel locale, dive figura lo stendardo con lo stemma di Corleone, un leone rampante che stringe un cuore, si serve «autentica cucina siciliana-italiana da scoprire in un ambiente elegante e accogliente», e così sembra a guardarlo in Rue Daru, non lontano dall'Arco di Trionfo, un ristorante dalla facciata in vetro e legno, con una tenda verde con la firma autografa della Riina, che in Italia era dedita a dipingere quadri.
L'erede del capo dei capi si è trasferita nella Ville Lumière col marito Vincenzo Bellomo, e la figlioletta di 2 anni. Chiede «rispetto della privacy» e al ristorante non danno informazioni su di lei e su quale sia la reale situazione della società per azioni Luvitopace intestataria del locale, che figura con un capitale di mille euro.
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