Angelo aveva quattro zampe e un coda. Ora ha un'aureola. E un film, dedicato a lui e a tutti i suoi simili torturati dalla crudeltà umana. Angelo è morto nel 2016 per le barbarie subite da un gruppo di quattro ragazzi, poi condannati alla pena più grave. Peccato che sia stata irrisoria. Un anno e quattro mesi con la condizionale trasformati in altrettante settimane come volontari in un canile. In buona sostanza come mettere un pedofilo tra gli educatori di un asilo. Morale, la prima a cambiare deve essere la giustizia.
Angelo, life of a street dog è un cortometraggio in sua memoria, firmato d Andrea Dalfino e prodotto dalla Lega nazionale per la difesa del cane, presieduta da Piera Rosati. Verrà proposto alle scuole nella sua funzione didattica ed educativa per evitare che nascano altri criminali, capaci di far del male ai tanti Angelo in giro per le strade del mondo. Il progetto di proiettarlo prima delle visioni cinematografiche è ancora un percorso difficile, ma non è detto che la sensibilità dei buoni dia l'esempio all'amoralità del commercio.
Eppure una notizia buona esiste. Il protagonista del film è uscito dal canile per arrivare sul set. Lapo, pochi anni e un mantello bianco come «sant'Angelo», non ha avuto bisogno di maestri e ha fatto il cane di strada. Cioè è tornato se stesso. Forse ha anche temuto che dopo quelle scorrazzate libere, la celebrità di trovarsi al centro della scena, coccole e attenzioni, il suo destino fosse quello di tornare dietro le sbarre. Invece così non è stato. Al termine delle riprese in canile è riapparso, ma solo per dire a suon di bau, che il regista l'aveva adottato. E ieri lo ha atteso una passerella e uno scroscio di applausi dalla platea milanese della Mondadori di piazza Duomo dove il film è stato presentato. Pettorina all'ultima moda, ha sorriso a modo suo e poi via verso la meritata ciotola di pappa.
Il cortometraggio, che poi tanto corto non è e si porta via una mezz'oretta scarsa, è stato mostrato nella città dei cani, Milano, dove non si registrano maltrattamenti né randagismo. Anzi, si eccede in senso opposto e l'etologo Roberto Marchesini non ha evitato di tirare le orecchie a chi umanizza Fido. «Bisogna accettare la loro diversità anche quando annusano qualcosa di sconveniente. Sono cani. Non sono nati per stare sul divano ma per uscire e divertirsi con i loro compagni. Non hanno paura a sporcarsi i piedini se piove». E ieri diluviava.
In platea però qualche meticcio si è guardato il film senza fiatare. Ma, vivaddio, consoliamoci almeno con questa dannata metropoli che i cagnolini non li maltratta. Li ama forse più del dovuto. Meglio qualche peccatuccio che... Angelo.
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