La scissione è ormai nei fatti. Nel M5S convivono (non si sa fino a quando) due partiti: uno liberale, che insegue Forza Italia e Lega su tutto, l'altro rivoluzionario, che spinge per mollare Draghi. Due volti che troveranno una forma ufficiale nella nuova struttura di vertice del Movimento, che oggi sarà sottoposta al voto degli iscritti: ecco l'organo collegiale (con le varie anime). Addio al leader unico. La nascita dell'esecutivo guidato da Mario Draghi sta facendo cadere tutti i freni inibitori. Ormai le due (e più) anime del Movimento stanno uscendo allo scoperto. La spaccatura è così evidente che ieri si è scomodato il presidente della Camera Roberto Fico per calmare gli animi: «So che molti dei nostri attivisti e parlamentari sono delusi. Comprendo il malumore di chi non digerisce certe scelte e di chi nutre perplessità rispetto a decisioni che appaiono in contrasto con il nostro percorso. Ma dobbiamo adottare un cambio di prospettiva drastico, perché il momento lo richiede». Fico rilancia le battaglie storiche del Movimento: acqua pubblica, ambiente, transizione energetica. E prova a tenere dentro Giuseppe Conte: «Abbiamo fatto tanta strada insieme, e sono certo che continueremo a farne ancora». Ma lo scontro non si arresta. La senatrice Barbara Lezzi si ribella: «Mi deludi». C'è chi insegue il centrodestra, chiedendo ristori e fondi sovrani. E chi picchia duro contro Draghi, auspicando una nuova consultazione su Rousseau in vista del voto di fiducia al governo Draghi. La richiesta di un voto bis sulla piattaforma raccoglie 5mila adesioni. In Parlamento i due partiti grillini continuano a picchiarsi. Il leader dell'ala liberale è Luigi Di Maio che ieri dal profilo Facebook si è rifatto vivo: «Ci aspettano mesi duri e complessi. Dobbiamo sconfiggere definitivamente il virus. Sarà possibile farlo solo lavorando sodo, con umiltà e senso delle istituzioni». Un'altra giravolta arriva con la proposta di costituzione di un Fondo sovrano italiano: idea la cui paternità appartiene a Sestino Giacomoni di Fi. Nella faida grillina si fa largo la terza via: «Staremo nella maggioranza con spirito critico. Se restiamo uniti potremo essere efficaci. Il che vuol dire sì alla la fiducia ma con riserva, se vengono toccate le nostre pietre miliari, ad esempio il reddito di cittadinanza, allora toglieremo la fiducia» spiega Giuseppe Brescia, deputato grillino e presidente della commissione Affari istituzionale. Contro la fiducia c'è un pezzo di Movimento, che continua a mantenere un profilo ortodosso e di opposizione al governo Draghi. «Mi auguro che il buonsenso prevalga e che i nostri ministri si ritirino», avverte la senatrice Bianca Laura Granato. Sulla linea del no il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra: «Escludo di votare a favore».
La fronda del no a Draghi si allarga: «Sono nel panico, non dormo da qualche giorno. In tempi normali non avrei avuto dubbi nel votare contro», annuncia Emanuele Dessì, senatore del M5S ai microfoni della trasmissione «L'Italia s'è desta» su Radio Cusano Campus. E sul voto di fiducia al governo Draghi, il senatore ammette: «Sicuramente non voterò sì». L'ala rivoluzionaria, fronda che ha in Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio i due leader, chiede una nuova consultazione su Rousseau o l'astensione sulla fiducia a Draghi. I pontieri non stanno fermi. Sono al lavoro per trovare un punto di caduta: un compromesso.
Una fonte di primo piano rivela: «Con l'ingresso nel semestre bianco, il M5S uscirà dal governo Draghi. È il punto di equilibrio trovato tra Conte, Di Maio, Grillo e Di Battista». Per evitare una scissione che nei fatti esiste già.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.