Equitalia colpisce ancora. Stavolta la scure dei gabellieri di Stato s'è abbattuta su un'ottantenne veneziana che nei giorni scorsi ha ricevuto una cartella esattoriale da 518.000 euro. Somma risultante dal totale di 45 ingiunzioni di importo variabile tra i 350 ed i 100.000 euro, legate all'attività commerciale gestita dall'anziana nel centro storico di Venezia, ma chiusa nel 1999. «Quando ho preso tra le mani la raccomandata racconta la donna ho guardato più volte l'importo e ho domandato conferma a mia figlia. Non riuscivo a crederci. Ho pensato anche ad uno scherzo ma poi mi sono sentita male». A far mancare il respiro, le pretese avanzate nel tempo da Camera di Commercio e Inps per la bottega affacciata sulla laguna. «Tutte le richieste precisa la pensionata sono relative ad un arco temporale che va dal 1989 al 2012, per un esercizio commerciale che però è inattivo da più di 15 anni. Vogliono mezzo milione e più. Dove potrei prenderlo?». Un quesito che ha trovato una prima risposta nelle parole dei legali dell'Associazione difesa dei consumatori, ai quali la signora s'è rivolta. «La cosa bizzarra - sorride amaro Carlo Garofolini, presidente dell'Adico - è che abbiamo invitato la socia a presentarsi da Equitalia per visionare dei documenti e la società le ha proposto un piano di rateizzazione». Come se un miliardo di vecchie lire fossero bruscolini. «L'aspetto assurdo di questa faccenda incalza Garofolini, passando dal faceto al serio è che la somma in questione riguarda un'attività chiusa da tre lustri e cartelle per la maggior parte cadute in prescrizione. Passeremo la pratica ai nostri avvocati. Inutile dire che in Italia alcuni meccanismi esattoriali non funzionano. In generale, poi, quando passano in mano ad Equitalia, gli importi lievitano, mettendo in ginocchio chi sta già vivendo grandi difficoltà economiche». Ne sembra convinta, del resto, anche la magistratura: proprio a Venezia, lo scorso settembre, il Tribunale ha cancellato le cartelle folli da 660.000 euro notificate ad un fabbro, fondando la pronuncia su un principio dirompente: Equitalia può bussare a denari solo se in possesso dei requisiti validi e documentabili che consentano di poter ritenere giustificati anche probatoriamente i crediti vantati. Un cambio di prospettiva che alleggerisce il peso sin qui gravato quasi esclusivamente sulle spalle dei contribuenti. «Una società di capitali che, legittimamente, persegue scopi di lucro», osservava all'epoca della sentenza l'Associazione di tutela dei consumatori, «non può gestire la riscossione delle tasse e dei tributi lucrando sugli stessi ed aggravando le già precarie condizioni di artigiani e commercianti.
L'erario incasserebbe molto di più limitandosi a esigere gli importi dovuti maggiorati dei soli interessi legali senza gli aggi e le more che trasformano somme normali in macigni insostenibili». Tre mesi dopo, però, nulla di nuovo sotto il sole. Equitalia gabella ancora.GIac- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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