Eppur si muove. Piano piano, troppo per chi credeva in una partenza da fenomeni, il governo comincia a delineare il grande affresco delle riforme. Siamo all'inizio, anzi per l'opposizione siamo soli ai titoli, ma al di là delle scintille di giornata alcuni temi portanti iniziano a prendere forma.
C'è finalmente la delega fiscale che ha iniziato la sua perigliosa navigazione con l'obiettivo di consegnarci un sistema tributario meno contorto e più trasparente e con l'ambizione di portare tutti nella terra promessa della flat tax.
Molti esperti sostengono che non ci sono i soldi per provare anche solo ad alleggerire la pressione su cittadini e imprese, ma la sfida è lanciata. Così come presto dovrebbe arrivare il decreto sul reddito di cittadinanza e le politiche attive, capitolo doloroso di tutti i governi che molto hanno promesso e poco realizzato.
Per ora, dai giornali, sappiamo che il reddito, ribattezzato Mia e poi spezzettato nel trittico Gil-Gal-Pal, si assottiglierà come la platea di coloro che continueranno a riceverlo sul famoso divano. Per il resto, si cerca in tutti i modi di far rientrare nel circuito produttivo chi oggi è fermo ma avrebbe le carte per andare in ufficio o in fabbrica. L'idea di una sorta di bonus braccia conserte tendenzialmente a vita è considerata un freno allo sviluppo, di più un insulto alla cultura del lavoro.
Tamponate in qualche modo le prime emergenze, dai rave al superbonus scassaconti, l'esecutivo prova a spingere sull'acceleratore delle grandi opere, a partire naturalmente dal simbolo dei simboli, il ponte sullo Stretto, finora solo una costosissima montagna di disegni ma si spera presto - nell'arco di sei anni promettono i tecnici - una realtà.
Non c' è solo il ponte, perché ci sono poi i binari dell'alta velocità, fra Sud e Nord-Est, uno dei capitoli più corposi del Pnrr, a sua volta la madre di tutte le riforme, il nuovo Piano Marshall per far avanzare un Paese che si è in parte ripiegato su se stesso. Il Pnrr è un'eredità, pesante, del governo Draghi ma Meloni si gioca la sua credibilità, fra polemiche e critiche, proprio sul raggiungimento dei numerosi target previsti. Il Pnrr vuole smuovere il Paese, incartato in una sequenza di no, ma costringe anche la pubblica amministrazione a ripensare se stessa: ecco, in una ideale staffetta Draghi Meloni, il nuovo codice degli appalti, appena presentato dal ministro Matteo Salvini, all'insegna della velocizzazione dei tempi e del disboscamento delle procedure.
Flash per ora, o poco più. Abbozzi. «Ma questo governo - nota Alfonso Celotto, fine costituzionalista e autore di numerosi saggi - ha la consapevolezza di essere un esecutivo di legislatura o, se vogliamo, ha buone chance di superare la soglia psicologica dei tre anni che solo Craxi, Berlusconi e Renzi hanno raggiunto. Insomma, c'è davvero la possibilità di realizzare quei progetti che moltissimi premier, strangolati da una durata media di 14 mesi, hanno fatalmente perso per strada». Un passo lungo, senza l'ansia di dover portare a casa il risultato in un battere di ciglia. Si va avanti sull'autonomia differenziata ed è finalmente alle viste un primo pacchetto giustizia, con la rimodulazione di alcuni reati contro la pubblica amministrazione, dall'abuso d'ufficio al traffico di influenze.
Dall'emergenza all'orizzonte largo. Ragionamento che può essere applicato al sempre faticosissimo e drammatico dossier migranti. Meno clandestini, più lavoratori regolari dai paesi in via di sviluppo.
Al di là delle querelle sulla protezione speciale, sono i viaggi la frontiera suggestiva del premier che cerca relazioni più solide e meno scivolose con stati che prima sfuggivano ad ogni stretta di mano. Ecco, dunque, il tour ad Addis Abeba: il governo porta l'Italia nel mondo e un pezzetto di mondo arriverà in Italia. Vogliamo pensare, in prospettiva, non più sui barconi.
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