Si tratta e si continuerà a farlo fino a martedì, quando - con una settimana di ritardo sull'iniziale tabellino di marcia - Ursula von der Leyen presenterà a Strasburgo la squadra della nuova Commissione Ue. Non tanto i nomi, quanto soprattutto le rispettive deleghe e la designazione di eventuali vicepresidenti esecutivi, una delle questione su cui ormai da una decina di giorni Socialisti, Liberali e Verdi sono sulle barricate. La punta dell'iceberg di un'insofferenza che è dovuta anche a un'inevitabile compressione del peso di S&D a Palazzo Berlaymont, dove siederanno solo quattro commissari socialisti contro i nove della scorsa legislatura.
Insomma, non è solo l'eventuale ruolo di vice esecutivo a Raffaele Fitto ad agitare Socialisti, Liberali e Verdi. Anche se è il termometro di un Commissione che sembra intenzionata a tenere aperto un canale con la destra, forse anche con un occhio alle presidenziali americane del 5 novembre. Di qui il veto sul commissario italiano, perché se davvero von der Leyen darà un riconoscimento tanto pesante all'esponente di Ecr (che non fa parte della «maggioranza Ursula» e ha votato contro il bis) il campo di azione di S&D, Renew e Greens si andrebbe riducendo ulteriormente. Non solo dal punto di vista dei numeri con il dimezzamento dei commissari, ma anche sotto il profilo politico. Perché la vicepresidenza esecutiva comporta la possibilità di coordinare le deleghe di altri commissari.
La sensazione è che a Bruxelles la trattativa sia in corso. Tanto che ieri i Socialisti non hanno replicato i toni battaglieri di martedì scorso. Anzi. Interpellata sui dubbi di S&D su Fitto, la spagnola Iratxe Garcia Perez, presidente del gruppo socialista, si è limitata a un «stiamo negoziando, vedremo». E ancora: «Abbiamo delle richieste che vogliamo siano ascoltate».
Tra queste, due in particolare. La prima, su cui von der Leyen non dovrebbe avere problemi a trovare un punto di caduta accettabile, è una delega di peso per la spagnola Teresa Ribera, che ambisce anche lei alla poltrona di vicepresidente esecutivo con le deleghe alla transizione climatica. La seconda richiesta è invece più complicata, perché non nella completa disponibilità di von der Leyen. A cui i Socialisti chiedono di fare pressione sul primo ministro conservatore del Lussemburgo, Luc Frieden, affinché invece del popolare Christophe Hansen indichi come commissario l'uscente Nicolas Schmit (socialista e soprattutto spitzenkandidat di S&D alle ultime Europee).
La partita, insomma, è ancora in corso. Con il Ppe che - a parte forse la delegazione polacca - conferma di essere schierato a fianco di Fitto e di Ecr. Gli endorsement del presidente popolare Manfred Weber non sono infatti mancati e anche ieri al Corriere della Sera ha ribadito che il Ppe non ha dubbi né su Fitto («è un amico») né sul fatto che l'Italia debba essere adeguatamente rappresentata in Ue. Con un non detto: se davvero S&D dovesse decidere di provare a far saltare il commissario italiano durante le audizioni di ottobre, il Ppe farebbe altrettanto con i quattro commissari socialisti (oltre a Ribera, il danese Dan Jørgensen, lo slovacco Maro efovi e la romena Roxana Mînzatu).
Mentre a Bruxelles si tratta, in Italia il centrodestra ha iniziato il pressing sul Pd, che al Parlamento Ue vanta la delegazione più numerosa dentro i Socialisti. Non solo da Fdi (prima Giovanni Donzelli e poi Tommaso Foti), ma anche da Forza Italia (Maurizio Gasparri e Francesco Paolo Sisto) e persino dalla Lega (Riccardo Molinari), tutti hanno chiesto conto ai dem di quale sarà la loro posizione in Europa: «Sosterranno l'interesse del Paese ad avere un commissario con un ruolo adeguato o si batteranno contro Fitto solo per ragioni politiche?».
Un modo per cercare di far emergere la contraddizione di un Pd che fino ad ora ha evitato di schierarsi con nettezza e tiene una posizione ambivalente. Con Elly Schlein che martedì ha preferito non intervenire pubblicamente sul punto mandando avanti il capo-delegazione a Bruxelles, Nicola Zingaretti.
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