Fitto vice in Ue: no dei Verdi, S&D tratta Tajani: "È il ruolo che spetta all'Italia"

L'input di Chigi: non replicare a Socialisti e Pd

Fitto vice in Ue: no dei Verdi, S&D tratta Tajani: "È il ruolo che spetta all'Italia"
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Un giorno le montagne russe e l'altro l'autoscontro, con la convinzione - questa è l'aria che si respira a Palazzo Chigi - che alla fine il tutto possa risolversi senza reali scosse telluriche. Che, insomma, le obiezioni di Socialisti e Verdi sull'eventualità di assegnare a Raffaele Fitto una vicepresidenza esecutiva facciano sostanzialmente parte di una legittima trattativa in vista delle deleghe da attribuire ai quattro commissari di S&D (i Greens, invece, non ne esprimeranno neanche uno).

Come finirà davvero lo sapremo solo martedì, quando Ursula von der Leyen presenterà la sua squadra (con le rispettive deleghe) ai presidenti dei gruppi del Parlamento Ue riuniti in plenaria a Strasburgo (dove quello stesso giorno Mario Draghi illustrerà il suo rapporto sulla competitività Ue). Ma, almeno per il momento, sull'asse Roma-Bruxelles e anche ai vertici di Ecr non si colgono particolari preoccupazioni. Al netto del fatto che, ovviamente, avrebbero preferito evitare lo slittamento è aver già chiuso la partita. Non è un caso che ieri da Palazzo Chigi sia arrivato ai parlamentari di Fdi l'input di evitare polemiche sull'affaire Fitto, sia in Europa con S&D e Greens, sia in Italia con il Pd. «Nei momenti delle trattativa serve serenità e tranquillità per il bene dell'Italia», spiega Giovanni Donzelli.

Così, cade un po' nel vuoto l'affondo del co-presidente dei Verdi, l'olandese Bas Eickout. «Abbiamo gravi preoccupazioni - dice - per la possibile la nomina di Fitto a vicepresidente, sarebbe un segnale che la Commissione si orienta verso l'estrema destra». L'obiezione, insomma, non è tanto sulla persona - anche perché quella di Fitto è notoriamente una storia moderata e a Bruxelles tutti gli riconosciuto grandi doti di mediazione - quanto sui Conservatori di Ecr. Socialisti e Verdi, infatti, contestano la scelta di indicare vice esecutivo l'esponente di un partito che ha votato contro il bis di von der Leyen. Un ruolo, spiega il vicepremier Antonio Tajani, che invece è adeguato all'Italia, perché è «un Paese fondatore e uno dei più grandi per abitanti» oltre che «la seconda manifattura in Europa e la terza economia Ue». E le parole di Tajani, che è pure il più longevo dei vicepresidenti del Ppe (dal 2002), vanno lette anche nell'ottica dei Popolari. Che non solo sono il partito di von der Leyen, ma che per bocca del loro presidente, Manfred Weber, hanno più volte ribadito il sostegno a Fitto. Insomma, pur non entrando pubblicamente nella polemica aperta da alcuni esponenti di S&D e Green, nelle trattative convulse di queste ore il Ppe sta facendo blocco su Fitto.

E, forse, non è un caso che il green Eickout già guardi alle audizioni dei singoli commissari indicati (previste a metà ottobre) spiegando che quella dell'italiano «sarà preparata accuratamente». Insomma, «se venisse nominato, per lui non sarebbe una passeggiata» perché «dovrà dimostrare di essere davvero europeista». Ma questo lo sa anche Fitto che, non a caso, si sta preparando all'appuntamento da mesi. E che alla fine, visto anche il sostegno scontato di Ecr e quello del Ppe, dovrebbe farcela nonostante i malumori di S&D e Verdi. I secondi possono muoversi liberamente, ma i primi devono pensare ai loro quattro commissari.

Con l'ostilità del Ppe, infatti, anche loro farebbero fatica a raggiungere la necessaria maggioranza dei due terzi durante le forche caudine delle audizioni. Ma quasi certamente non si arriverà a tanto. E il nodo sarà sciolto martedì.

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