La folle trattativa che ha bruciato dieci grandi nomi per fare ritorno al bis di Napolitano

Termina una settimana tragicomica: avrà pesanti conseguenze per tutti. Anche la Belloni finisce danneggiata dall'idea di candidarla

La folle trattativa che ha bruciato dieci grandi nomi per fare ritorno al bis di Napolitano

Finale di partita: queste tragicomiche Quirinalizie si sono rivelate un sadico Gioco dell'oca in cui si finisce da dove si era partiti, alla casella numero uno con Sergio Mattarella al Quirinale e Mario Draghi a Palazzo Chigi, dopo aver visto cose che noi umani preferiremmo non aver mai visto. Si riavvolge il nastro di nove anni, quando Giorgio Napolitano fu rieletto dopo il tradimento della sinistra a Romano Prodi. E oggi come allora tutto ciò che è successo avrà conseguenze. Questa settimana ha prodotto non solo boati e scricchiolii, ma fatti per cui - pur restando tutto come prima al Quirinale e a Palazzo Chigi - nulla potrà essere come prima.

Sul finale di partita, si stacca dal gruppo soltanto Giorgia Meloni che è un certificato leader delle sue truppe registrando anche una eccellente performance (benché rischi di finire in frigorifero) come si è visto quando ha reso omaggio a un ex deputato di idee liberali come Guido Crosetto che ha raccolto molti voti in più.

Ma abbiamo assistito a uno spettacolo inondato dalla retorica di sinistra con un Pd più furbo della destra, che ha usato la tecnica degli Orazi e Curiazi, bocciando tutte le proposte del centrodestra in attesa che quel fronte si spezzasse come si è spezzato, e divorasse i propri candidati. Abbiamo così assistito al sacrificio umano di una dozzina di nomi prestigiosi esposti e abbattuti l'uno dopo l'altro in modo che è apparso ora spregiudicato, ora ipocrita. Enrico Letta ha detto di no, fin quando tutti si sono resi conto che la soluzione era strettamente collegata con quella del governo. La soluzione non poteva che essere la rielezione di Mattarella. Anche Berlusconi concordava. Questa la logica, ma la rappresentazione da teatro Grand-Guignol non può non avere conseguenze.

Il capo della Lega Salvini si è preso la funzione di guidare le trattative e girare come una trottola, con un attivismo da capogiro che portava a un disastro dopo l'altro, esponendo uomini e donne dal prestigio immacolato come Sabino Cassese e Nordio, tutti nomi gettati nella mischia che venivano accolti con gelidi «nyet». Quando in Forza Italia si sono cominciati ad accorgere del disastro irreparabile hanno annunciato di voler riprendere l'iniziativa in proprio ma ormai mille frittate erano state fatte e tutto il male era venuto soltanto per nuocere. Tutti sono resi conto quando ormai era troppo tardi che Silvio Berlusconi era stato sacrificato in malissimo modo, che la presidente del Senato Casellati è stata proposta in modo sciatto e inefficace. Disciplina di partito, meno che zero, si recitava a soggetto come nella commedia dell'arte.

Il Parlamento privo di leader si comporta ora a casaccio, ora seguendo linee di sopravvivenza, ma sempre pronto a correre sul carro del vincitore. Matteo Salvini dopo essersi dato all'attivismo frenetico spingendo al sacrificio umano oltre alla Casellati anche Marcello Pera, Nordio, la Cartabia, Cassese e chiunque gli capitasse di accogliere, alla fine ha riesumato un antico rapporto di coppia, quello con Conte del primo governo gialloverde ordendo un patto scellerato per portare al Quirinale Elisabetta Belloni, direttore generale del Dis senza pensare che mai in nessuna democrazia occidentale sarebbe accettabile far diventare capo dello Stato il direttore dei Servizi segreti. Una pura follia che ha anche profondamente danneggiato la Belloni. Ma intanto, mentre sulla scena si muoveva questo film muto dei tempi delle comiche, la logica andava avanti con i suoi legami, che ha perfettamente condiviso dall'ospedale Silvio Berlusconi che era stato l'unico candidato con titoli politici e istituzionali per succedere a Mattarella. E la logica dopo una settimana di tragedie e follie diceva che ciò che va messo in salvo subito, visti gli avvertimenti che arrivavano dai mercati, il tesoro dei fondi europei: un lavoro che una e una sola persona può portare a termine ed è ovviamente Mario Draghi.

L'unica garanzia di continuità ieri mattina era finalmente sotto gli occhi di tutti ed era la banalissima e inevitabile ma da molti desiderata - riconferma di Mattarella. Un Mattarella che, diversamente da quanto aveva fatto Ciampi alla fine del suo mandato mettendo per iscritto la sua volontà di non essere rieletto, non aveva preso alcun impegno del genere e infatti si è immediatamente reso disponibile.

La dichiarazione dignitosissima con cui Pier Ferdinando Casini ha pregato i colleghi di non insistere sul suo nome mentre lui stresso chiedeva a Mattarella di accettare la rielezione, è stato un momento alto di cui va dato atto perché Casini era forse l'unico con reali chance.

Una cosa è certa, la destra italiana comunque la vogliamo chiamare non esiste come coalizione capace di affrontare i grandi momenti.

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