La follia dell'infermiere-killer: "Uccisi almeno 90 pazienti"

L'uomo iniettava un farmaco che causava l'infarto. Poi interveniva per mettersi in mostra con i colleghi

La follia dell'infermiere-killer: "Uccisi almeno 90 pazienti"

Qualche notizia era già filtrata ad aprile del 2016. Allora la procura di Oldenburg rese noto che le analisi realizzate sui corpi di 77 ex pazienti dell'ospedale di Delmenhorst, pochi chilometri a sud di Brema, avevano rilevato in almeno 24 salme la presenza dell'ajmalina. Dell'alcaloide, cioè, utilizzato dall'ex infermiere Niels Högel per provocare l'arresto cardiaco nei pazienti affidati dalla clinica alle sue cure. Oggi quarantenne, Högel è stato condannato la prima volta nel 2008 a sette anni e mezzo di carcere per tentato omicidio dopo essere stato colto in flagranza di reato.

Nel 2015 sempre a Högel era stato comminato l'ergastolo per l'omicidio di sei pazienti, per il tentato omicidio di altri due e ancora per violenze aggravate. Con la condanna al carcere a vita dell'uomo, la Germania credeva di aver messo la parola fine alla triste vicenda dell'infermiere-killer, un narcisista psicopatico che provocava sistematicamente l'arresto cardiaco dei suoi pazienti per poi adoperarsi davanti ai medici nel resuscitarli, o meglio nel tentare l'operazione visto che gli investigatori sembrano quasi aver perso il conto del numero delle morti provocate dall'uomo. Se nel 2016 le analisi sui corpi riesumati avevano indicato quota 24 (e se nel 2017 gli investigatori hanno invece accennato a 43 omicidi) «la conta delle vittime è senza precedenti nella storia della Repubblica», ha annunciato il commissario Arne Schmidt. Sarebbero 84 le nuove vittime dell'infermiere-killer, per un totale di 90 morti a lui addebitate.

Il capo della polizia di Brema, Johann Kühme, ha detto che l'entità dei crimini dell'infermiere «ci lascia senza parole». Nel corso degli ultimi tre anni la scientifica ha riesumato e analizzato le salme di 134 pazienti dell'ospedale nel quale l'infermiere ha lavorato dal 2003 al 2005. A rendere necessarie nuove indagini sono state le confessioni dello stesso Högel che allo psicologo del carcere avrebbe rivelato di aver ucciso una trentina di persone, la metà cioè dei 60 pazienti ai quali l'uomo aveva ammesso di aver iniettato l'alcaloide. Allo psicologo, l'infermiere avrebbe anche detto che salvare uno dei suoi pazienti dall'arresto cardiaco da lui stesso provocato lo rendeva euforico e orgoglioso di dimostrare la sua bravura allo staff medico.

Era stato proprio un collega a cogliere Högel, nel 2005, nel bel mezzo di un'iniezione non prescritta dal medico. In quell'occasione scattarono le manette, ma poiché il paziente non morì, l'infermiere fu condannato per tentato omicidio. Prima ancora della confessione allo psicologo, a far riaprire le indagini erano stati i sospetti di una donna rivoltasi alla polizia dopo la morte improvvisa di sua madre in ospedale. Nella sua perizia del 2016, lo psichiatra forense Konstantin Karyofilis spiegò alla corte che Högel non andava considerato un malato di mente ma che andasse ritenuto pienamente responsabile del suo comportamento improntato alla ricerca dell'approvazione dei colleghi. Un comportamento, ha ancora spiegato Karyofilis, che aveva portato l'infermiere a perdere ogni tipo di contatto con i suoi pazienti, che non considerava più degli esseri umani.

Già condannato all'ergastolo, il fato di Högel non sembra destinato a cambiare.

Lo stesso capo della polizia Kühme ha invece spiegato che esiste la possibilità di non conoscere mai davvero il numero esatto delle vittime dall'infermiere giacché numerose persone morte all'ospedale di Delmenhorst sono state cremate. «Dobbiamo immaginare che il numero effettivo degli omicidi di Niels Högel sia ancora molto più alto». Forse anche il doppio di quelle fin qui contestate.

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