La prima sensazione, la più semplice, è lo sconcerto, non comprendere quale razionalità sia ancora presente in chi commette crimini tanto brutali, così poco comprensibili. In fondo noi speriamo sempre che ci sia una guida nelle nostre azioni e che i nostri comportamenti abbiano una logica che, almeno, non ci faccia stare male. Poi accade qualcosa di inaspettato e ci diciamo che sono incidenti al corso normale dell'esistenza che non riguarderà mai noi. Ma quell'inatteso da cui ci sentiamo indenni, può riguardare anche noi che, finora, abbiamo passato in una comprensibile normalità la nostra esistenza. La malattia mentale esiste e va curata come ogni altra malattia. Invece ci sentiamo immuni da qualsiasi probabile deviazione dal comportamento «normale» e dobbiamo considerare che, come non ci si deve vergognare se si è affetti da problemi cardiaci, così non ci si deve nascondere se ci coglie un disturbo che condiziona la nostra «normalità». Certo, scrivo normalità tra virgolette perché stabilire i criteri che possano definirla è indiscutibilmente complesso, coinvolge una serie di valutazioni sul sociale e sul politico, oltre che sulle problematiche mediche, e la tendenza è quella di ampliare al massimo i confini dell'idea di normalità. Ma per quanto si voglia essere politicamente corretti e disponibili nei confronti delle devianze dei comportamenti altrui, pensare che non ci sia un punto di rottura all'interno di una responsabile e civile condotta quotidiana, significa consegnarsi a una visione ideologica della vita. E questa ideologia continua ad accompagnarci da quando la ormai legge Basaglia di antica data ci aveva detto che i manicomi andavano chiusi perché la malattia mentale andava curata nella società e non in apposite strutture di cura. La legge è superata, ma non la mentalità politica che l'ha prodotta. Nell'omicida romano c'erano tutte le possibilità di prevedere il suo atto criminale se soltanto ci fosse stata una cultura che si fosse preoccupata di capire la situazione mentale, la personalità di quello che sarebbe diventato un efferato criminale. E invece prevale l'idea: la malattia mentale c'è ma potrebbe anche non esserci. Tutto vago.
O meglio, tutto ideologico, perché si preferisce lasciare per strada, tra le case, una persona dai sintomi chiaramente preoccupanti, piuttosto che prendersi la responsabilità di dire che quella persona è un pazzo, che può essere un pericoloso criminale. Meglio pensarci tutti normali e dimenticarci che la follia esiste. Questa è la vera follia.
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