È un formaggio dal nome memorabile, il Puzzone di Moena, caratteristico della Val di Fiemme. Ma poiché mangiandone un pezzetto un bambino di 9 anni è stato colpito da un'infezione intestinale di origine alimentare, è stato ritirato dal commercio riaccendendo i riflettori in Trentino sul rischio del consumo di prodotti caseari non pastorizzati. Realizzato a base di latte crudo, proveniente da mucche della razza Bruna e Grigia Alpina alimentate esclusivamente con fieno o al pascolo con le erbe di alta qualità tipiche delle valli trentine e poi lavorato con procedimenti naturali, senza additivi di nessun tipo, il formaggio in questione è finito al centro di un'indagine epidemiologica condotta per riconoscere la fonte dell'infezione e l'accertamento ha evidenziato una probabile correlazione con il suo consumo. Il lotto del Puzzone mangiato dal bambino è stato così tolto dal commercio, raccomandando chi avesse acquistato nell'ultimo periodo questa tipologia di formaggio di non somministrarlo ai bambini, alle donne in gravidanza e alle persone con depressione del sistema immunitario. Il Dipartimento di prevenzione dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento ha spiegato che il latte crudo utilizzato per produrre questi formaggi «non ha subito trattamenti termici come la bollitura o la pastorizzazione che consentono di controllare eventuali germi patogeni che si possono trovare nel latte dopo la mungitura e che possono comportare un rischio per la salute per i bambini di età inferiore a 10 anni, per le donne in gravidanza e per le persone con depressione del sistema immunitario».
Si tratta di un tema molto sentito in Trentino, dove nel 2017 un bambino di 4 anni è entrato in coma dopo aver mangiato un pezzo di formaggio «Due Laghi» contaminato dal batterio Escherichia Coli nel caseificio sociale di Coredo. Da allora il piccolo non si è più ripreso, è in stato vegetativo, costretto ad assumere più di 30 farmaci al giorno. Il padre ha dovuto lasciare il lavoro per prendersi cura di lui insieme alla madre.
Il Tribunale di Trento ha previsto un milione di risarcimento, condannando per lesioni gravissime il presidente del caseificio e il casaro. Un precedente gravissimo, che ha imposto una cautela particolare in seguito al nuovo caso. Di qui l'allerta specifica diramata dall'azienda sanitaria della Provincia di Trento.
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