Un frammento di osso nel Po, svolta nel caso Saman

I Ris di Parma sono al lavoro per confrontare il Dna della pachistana: "È una calotta cranica"

Un frammento di osso nel Po, svolta nel caso Saman

Potrebbe essere il tassello mancante: un frammento osseo ritrovato sulle rive del Po potrebbe appartenere a Saman Abbas. Lo ipotizza la Procura di Reggio Emilia, che ha chiesto ai Ris di Parma ulteriori accertamenti. I carabinieri del Ris sono stati incaricati dal pm Laura Galli di effettuare esami specialistici sull'osso per estrapolare il profilo biologico del Dna che sarà poi confrontato con quello già estratto nei mesi scorsi dagli abiti sequestrati nell'abitazione di Novellara in cui la ragazza viveva. «Il 3 novembre, da un passante, ci è stato segnalato un frammento di osso, probabilmente una calotta cranica, rinvenuto sul Lido Po di Boretto» ha spiegato il colonnello Stefano Bove, comandante del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia; verosimilmente si procederà intorno a metà gennaio. Il ritrovamento è certamente di interesse per le indagini, ma la prudenza è massima per diverse ragioni. «Nei mesi scorsi abbiamo catalogato interiora, poi rivelatesi di animali, scarpe da ginnastica, vestiti. Dal Po è la prima segnalazione che ci giunge», chiarisce il comandante.

Da otto mesi il caso attende una risoluzione. Forse questa volta potrebbe esserci la svolta. I genitori di Saman Abbas viveva non lontano dalle sponde del fiume, plausibile dunque che la famiglia abbia pensato al grande corso d'acqua per sbarazzarsi del corpo della giovane, brutalmente uccisa perchè considerata ribelle. Una storia orrenda fatta di ignoranza e violenza. La diciottenne pachistana è scomparsa il primo maggio scorso da casa, nella Bassa Reggiana, dopo aver rifiutato un matrimonio islamico combinato con un cugino. Sono indagati i genitori, uno zio e due cugini. Gli inquirenti ipotizzano un omicidio perpetrato in ambito famigliare ai danni della ragazza, ritenuta dai parenti «colpevole» di non seguire le imposizioni islamiche. Per il padre 45enne della giovane, Shabbar Abbas, e la madre 48enne Nazia Shaheen sono stati ipotizzati i reati di sequestro di persona e omicidio aggravato dal legame di parentela con la vittima. Sui due coniugi, fuggiti già a maggio in Pakistan e tutt'ora latitanti, pende una richiesta di estradizione. Al momento, oltre ai genitori, sono indagati in concorso di omicidio premeditato, sequestro di persona, occultamento di cadavere anche lo zio e il cugino di Saman, Ikram Ijaz, che è in carcere in Italia. L'altro cugino, Nomanhulaq Nomanhulaq, è invece latitante come i genitori.

Le ricerche sono andate avanti senza sosta, ma dopo aver setacciato le campagne di Novellara nel tentativo di ritrovare Saman, gli investigatori hanno concentrato le loro ricerche nei paesi rivieraschi sul Po. Era stato proprio il fratello piccolo di Saman, di sedici anni, che durante l'incidente probatorio in audizione protetta aveva raccontato dettagli raccapriccianti al gip. Durante una riunione di famiglia avrebbe sentito dire al cugino di Saman. «Facciamola in piccoli pezzi» e «buttiamola» a Guastalla, dove «c'è un fiume». Il reparto investigazioni scientifiche dell'Arma analizzerà anche alcuni abiti di Danish Hasnain, lo zio di Saman ritenuto l'esecutore materiale del delitto.

Dopo essere stato arrestato a settembre in Francia, è in attesa di estradizione.

Saman sapeva di essere in pericolo, e per questo voleva allontanarsi dal nucleo familiare per partire verso la Francia insieme al fidanzato. Un sogno mai realizzato.

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