Manca un mese esatto alle primarie del Pd, eppure Matteo Renzi sembra più teso e irrequieto dei giorni che hanno seguito la batosta referendaria del 4 dicembre. Vede trame dappertutto l'ex premier, convinto - per alcuni versi a ragione - che ci sia un disegno per metterlo all'angolo e archiviare definitivamente la sua esperienza. Un'operazione che coinvolgerebbe pezzi dello stesso Pd.
È anche per questo e non solo in vista della conta interna al partito che si terrà il 30 aprile che Renzi ha deciso da giorni di spingere sull'acceleratore. Pubblicamente, con gli affondi su Europa e tasse. Ma anche in privato, recapitando una serie di eloquenti pizzini il cui senso neanche troppo sottinteso è che non ha intenzione alcuna di farsi da parte. Piuttosto, è il messaggio che veicolano i renziani doc, «fa saltare il banco». Che tradotto significa far cadere il governo, con l'obiettivo di ottenere le elezioni anticipate il 24 settembre. Un calendario che difficilmente troverà la sponda del Quirinale. Che, pare, sulle tentazioni di voto anticipato dell'ex premier questa volta potrebbe non essere così comprensivo come nei mesi scorsi.
In questo clima, dunque, non stupisce che ancora ieri l'ex segretario del Pd sia tornato a mettere paletti sul tema tasse. D'altra parte, non è un segreto che l'ex premier sia intenzionato in qualche modo a commissariare via XX settembre, convinto che il tecnico Pier Carlo Padoan guardi con troppa soggezione alle indicazioni di Bruxelles e ai consigli del Quirinale. Il che Renzi, rischia di trasformarsi in autunno in una manovra lacrime e sangue di cui solo il Pd pagherebbe lo scotto elettorale.
Di qui la tentazione di anticipare il voto a settembre. Che in questi giorni è rimbalzata fino al Quirinale, destando qualche preoccupazione e molti fastidi. Oltre, raccontano dalle parti del Nazareno, una certa irritazione anche da parte di Dario Franceschini, uno che con il Colle ha per così dire un canale preferenziale. E proprio il ministro dei Beni culturali pare abbia indirettamente invitato Renzi ad un approccio «più prudente». Perché è comprensibile che l'ex premier sia già oggi in campagna elettorale in vista delle primarie che il 30 aprile sanciranno il suo peso dentro il Pd, ma non per questo va sacrificata la stabilità e minato il governo di Paolo Gentiloni.
Tutte considerazione che arrivano da chi, come Franceschini, alle primarie dem sosterrà proprio Renzi. Magari con l'obiettivo di essere determinante nella sua riconferma, così da avere la golden share sulla segreteria Pd.
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