Dalla Francia un assist per la Meloni

Il boom del Rn rafforza la posizione italiana. Fonti Fdi: "A Bruxelles devono capire"

Dalla Francia un assist per la Meloni
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Fattore Le Pen. Il primo turno delle elezioni legislative francesi conferma il successo annunciato del Rassemblement National che ottiene la palma di primo partito. Certo il cammino è ancora lungo e soltanto tra due settimane, nel ballottaggio, si capirà se Jordan Bardella, 28enne leader del Rassemblement National, astro nascente della politica francese e delfino di Marine, potrà davvero diventare il primo ministro francese. Ma il segnale che arriva da Oltralpe è di quelli che risuonano in maniera potente e vanno a corroborare la tesi di Giorgia Meloni. «Non si può ignorare il verdetto delle urne, a Bruxelles devono capire che il vento in Europa è cambiato e se non si cambia rotta si rischia di allontanare ulteriormente i cittadini dalle istituzioni europee e favorire gli estremismi» dicono dallo stato maggiore di Fratelli d'Italia. Tutto questo mentre i giornali francesi più vicini alla sinistra, pur non rinunciando a lanciare l'allarme Le Pen, raccontano il percorso del Rassemblement National e la «melonizzazione» dello stesso Bardella, ovvero il suo lavoro per arrivare a una istituzionalizzazione della destra, e alla piena accettazione da parte dei suoi eletti dei vincoli esterni previsti dalle regole costitutive dell'Ue e dall'appartenenza alla Nato.

Si parla di «segnale», appunto, perché sul risultato finale domina la prudenza e il retaggio di altre elezioni in cui la destra francese è arrivata a giocarsi lo «spareggio» senza riuscire a vincerlo, magari ai tempi supplementari o ai rigori, è ben presente nella memoria della destra italiana. Sugli effetti, però, si ragiona eccome. Perché, spiegano, ora il peso dell'Italia in sede di trattativa europea finirà per aumentare. Se il Rassemblement National dovesse vincere l'idea di Emmanuel Macron di riproporre come commissario Thierry Breton come commissario per il mercato interno e i servizi potrebbe essere poco praticabile, ma al di là del suo nome anche ottenere le stesse deleghe potrebbe essere più difficile. Inoltre Marine Le Pen ha già fatto sapere che, in caso di successo, sarà lei a indicare il rappresentante francese. Un braccio di ferro di cui è difficile indovinare l'esito, ma che offre comunque all'Italia la possibilità di ritornare in partita, non tanto per riscrivere la lista dei candidati ai «top jobs» europei, quanto per ottenere un commissario di peso con deleghe forti e riconosciute.

Il successo del Rn insomma può rappresentare un viatico importante per avvicinarsi al voto decisivo del 18 luglio a Strasburgo con un numero maggiore di frecce nella propria faretra. Quel giorno, come ha confermato la presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola gli eurodeputati voteranno quasi sicuramente a scrutinio segreto, l'elezione della presidente della Commissione indicata dai leader, Ursula von der Leyen. L'astensione di Giorgia Meloni sulla candidata, e il suo voto contrario ad Antonio Costa, primo presidente del Consiglio Europeo del Sud Europa dopo due belgi e un polacco, e all'Alta Rappresentante Kaja Kallas, è sì uno strappo, ma lascia aperto un buon margine di manovra, ufficiale o non ufficiale. La porta di fatto è stata socchiusa, non sigillata a doppia mandata e il tempo per una trattativa è tutt'altro che scaduto. I 24 eurodeputati italiani fanno gola alla candidata presidente della Commissione, ma la trattativa va gestita con estrema prudenza, affinché non si riveli un boomerang per la von der Leyen.

Se l'Italia, insomma, vorrà davvero ottenere un vicepresidente della Commissione, con un portafoglio di peso, dovrà mettere in campo tutte le sue arti diplomatiche e prepararsi a un incontro di pugilato da giocare in guanti di seta.

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