Roma La corrente dei gilet gialli va di riflusso, a ondate improvvise e rovinose, al suo tredicesimo sabato in piazza. «Cavalloni» lunghi che sembrano ora permettere di sbrogliare la crisi diplomatica con il facinoroso vicino d'Oltralpe. Anche se l'ardore cova sotto la cenere, gli effetti dell'eclatante rottura di relazioni tra governo gialloverde e presidente Macron potrebbero rivelarsi alla fine assai ridotti, risolvendosi il tutto in uno scambio di «ruvidezze» a uso di (reciproca) propaganda.
D'altronde, ha insistito ieri il vicepremier Salvini, «non c'è alcun problema tra popolo francese e quello italiano... Se qualche discussione c'è, è solo a livello politico». Il suo «corrispondente» ministro Castaner ha confermato gli spiragli su una delle questioni sul tavolo, quella che riguarda i migranti della Sea Watch: «La Francia ne accoglierà sette, quindi rispettiamo i nostri impegni». Così che il nostro ministro dell'Interno ha potuto gioire delle virtù taumaturgiche del dialogo: «Risolveremo tutti i problemi, sono pronto a collaborare e spero che di vedere il mio collega in settimana». Salvini ieri ha cercato di calmare gli animi anche sul fronte interno: sia giustificando l'incontro di Di Maio con i gilet gialli, «chi sono io per giudicare, se l'ha fatto riteneva giusto farlo», e soprattutto ritorcendo contro Macron le accuse di voler distogliere l'attenzione dai problemi interni. «Mi sa che è lui che esagera e sta esagerando coi francesi, probabilmente ha bisogno di distrarre l'attenzione da quello che gli accade a Parigi, Marsiglia, Strasburgo... Dove c'è gente che si sta lamentando perché le mancate promesse stanno venendo alla luce». In effetti la spirale di violenza in Francia non accenna a spegnersi, anche se i rappresentanti dei gilet gialli sembrano ora fortemente intenzionati a passare dalla protesta di piazza all'organizzazione politica. Christophe Chalençon, uno dei leader che aveva incontrato in Francia Di Maio e Di Battista, parrebbe folgorato sulla strada dei Cinquestelle. «Ammiro il coraggio di Di Maio, la prontezza di spirito di Di Battista... Grazie a loro per la prima volta dopo tre mesi abbiamo dato uno scossone a Macron...», ha dichiarato, finendo addirittura per paragonare Di Maio a La Fayette e dicendosi felice di poter imitare il tipo di organizzazione di M5s (presto verrà in Italia), per usare le loro piattaforme sul web e presentarsi alle Europee. Se i grillini si sono proposti come «corrispondenti» del movimento francese, una versione più autentica fatica a sbarcare in Italia: ieri i tre organizzatori di un sit-in a Roma, in piazza della Repubblica, se ne sono dovuti tornati a casa con le pive nel sacco, denunciando di «avere la questura addosso che non ci fa manifestare». Nel frattempo, la versione all'amatriciana di La Fayette ha cercato di gettare acqua sul fuoco.
«Non è lesa maestà attaccare Macron», ha chiarito Di Maio, negando che la crisi abbia potuto avere ripercussioni nella vicenda Alitalia. Sulla «tradizione millenaria» della democrazia francese, gaffe che resterà nei secoli, il popolare Giggino però non transige. «Ovviamente era un refuso», ha detto, tirando dritto.
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