Francia, l'esercito di ex generali contro Macron. "Difenderemo il patriottismo dall'islamismo"

In 20 scrivono al presidente. La replica: rappresentano solo se stessi

Francia, l'esercito di ex generali contro Macron. "Difenderemo il patriottismo dall'islamismo"

Si sono scagliati contro «un certo antirazzismo», hanno denunciato pubblicamente «l'islamismo e le orde di banlieue». Infine hanno invitato Emmanuel Macron a difendere «la patria». Sono una ventina di generali francesi in pensione, un centinaio di alti ufficiali e più di mille altri soldati. Insieme, hanno firmato una lettera aperta chiedendo alla classe politica transalpina di tornare ai valori dell'onore e del dovere; e un intervento immediato dell'Eliseo sui conflitti sociali, perché «l'ora è grave».

L'appello-j'accuse lanciato su Valeurs Actuelles, magazine vicino ai lepenisti (ormai sdoganati rispetto ai cliché di una destra fuori dall'arco costituzionale, visti i sondaggi di Marine Le Pen), giunge su iniziativa di Jean-Pierre Fabre-Bernadac, alto ufficiale che ha lasciato l'uniforme nel 1987. Se «20 generali chiamano Macron per difendere il patriottismo», il governo rispedisce la missiva al mittente con toni durissimi: «Non hanno più alcuna funzione nei nostri eserciti e rappresentano solo se stessi», tuona la ministra della Difesa Florence Parly, che annuncia sanzioni per i firmatari. «L'esercito è al servizio della nazione, di nessun altro». A farla imbestialire, non la lettera in sé ma il sostegno pubblico alla stessa da parte di Marine Le Pen, ribadito ieri dopo 48 ore di polemiche infuocate: era quasi parso che BleuMarine avesse avallato una sorta di colpo di Stato militare. «Rinnovo loro il mio sostegno, in un quadro ovviamente democratico - chiarisce - seguitemi nella mia battaglia per la Francia».

A un anno dal voto presidenziale, il tema sicurezza è centrale: come tutelare cittadini e forze dell'ordine e scongiurare la conta delle vittime del terrorismo islamico, endogeno o meno che sia. L'ultimo, il 23 aprile: un tunisino radicalizzato ha sgozzato Stéphanie Monfermé, funzionaria di polizia.

L'esecutivo snocciola cifre: 36 attentati sventati negli ultimi mesi. Ma in un clima avvelenato dai recenti episodi di violenza marcata «Allah è grande» - in cui anche la Corte di Cassazione sembra aver schierato la legge a difesa di un killer tunisino che non sarà processato per omicidio perché ha ucciso in preda alla cannabis (il caso della 65enne ebrea Sarah Halimi) - i generali parlano di una Francia «messa in pericolo da un potere in carica» che usa le forze dell'ordine come «capri espiatori», «mentre individui a volto coperto minacciano e saccheggiano negozi». Rivendicano una «visione realista», pronti a sostenere cambi di marcia: «La Francia è in pericolo, non c'è più tempo».

Nel mirino dei pensionati in mimetica pure chi «disprezza il Paese, le sue tradizioni, la cultura, e vuole vederlo dissolversi colpendolo attraverso l'abbattimento di statue». Oggi, intanto, il governo annuncerà il rafforzamento dei mezzi d'intelligence introdotti nel 2015: «Scatole nere» consentiranno di raccogliere «dati di connessione» ad hoc in grado di rivelare una minaccia da remoto.

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