E arrivò il giorno del grande ritiro. Frauke Petry ha rinunciato infatti a correre per la Cancelleria, ma in un videomessaggio ha chiarito anche di «non essere disponibile a far parte del gruppo dirigente» dei populisti dell'Afd (Alternative fuer Deutschland). E la leader della destra tedesca non nasconde il motivo della sua rinuncia: divergenze interne e la questione, ancora irrisolta, della direzione da prendere, per un partito in profonda crisi e dilaniato dalle lotte intestine.
I vincitori della partita sono gli esponenti dell'ala ultradestra: uno dei motivi dello scontro più recente ai vertici era stata l'insistenza di Petry per espellere l'antisemita Björn Höcke, il leader della Turingia che aveva definito un monumento all'Olocausto «una vergogna». Al congresso della Sassonia-Anhalt che l'aveva scelta come capolista per la corsa al Bundestag, il mese scorso, aggredita dall'ala radicale, Petry era scoppiata a piangere.
La ex leader del partito che con l'affievolirsi della crisi dei profughi e con l'arrivo sulla scena di Martin Schulz ha subito anche un crollo nei consensi - dal 14% di dicembre al 9% degli ultimi sondaggi - aveva anche dovuto incrociare le spade con il suo vice, Alexander Gauland
e con i suoi oppositori, poco disposti a trasformare l'Afd in un partito «borghese di massa». «Dal 2015 - lamenta Petry nel suo videomessaggio - il partito è senza una bussola». E il senso di disorientamento è lampante...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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