Aboubakar Soumahoro, il deputato indipendente eletto con l'alleanza Sinistra-Verdi si è affrettato a prendere le distanze dall'inchiesta della procura di Latina sulle società di sua suocera, Marie Therese Mukamitsindo, la coop Karibu e il consorzio Aid, accusati di non aver pagato i dipendenti da un anno e più. Soumahoro ha minacciato querele, ribadendo di non essere «né indagato né coinvolto in nessuna indagine». Non ha però commentato i fatti, né negato che l'indagine esista. Lo ha confermato la stessa procura di Latina, spiegando, «in ordine all'attività irregolare di cooperative incaricate di assicurare servizi di accoglienza, e servizi connessi, per i richiedenti asilo», di aver delegato gli accertamenti di «eventuali profili di rilievo penale», alla Gdf. Già al lavoro su due diversi filoni per truffa e distruzione e occultamento di materiale contabile, dopo che gli investigatori hanno trovato carte e documenti buttati in un cassonetto dalle parti di una delle sedi delle società.
Soumahoro, oltre a chiamarsi fuori, non ha parlato dell'inchiesta, non ha parlato di sua suocera e nemmeno di sua moglie, Liliane Murekatete, che della coop dovrebbe essere ancora socia e che, sul proprio profilo Linkedin, risulterebbe addirittura presidente della Cooperativa Sociale Karibu. L'affaire pontino riguarda mancati pagamenti (alcuni risalirebbero a ben oltre l'anno: da 12 a 22 mesi) degli emolumenti che le società avrebbero dovuto versare a 26 dipendenti, ai quali le coop avrebbero chiesto fatture false. I dipendenti si sono licenziati per giusta causa la scorsa estate. Ora, tramite il sindacato, stanno cercando di ottenere il dovuto. Karibu e Aid, al 7 novembre scorso, sarebbero debitori di circa 400mila euro nei confronti dei lavoratori. E complessivamente a circa 400mila euro. L'altra brutta storia, riguarda la gestione dell'accoglienza dei minori, che sarebbero stati ospitati in case senza acqua né luce. Anche qui, pare, perché la coop era in ritardo con le bollette.
L'indagine sarebbe partita però già un anno fa. Di certo le cose, per la coop, non vanno bene già da un po': la sua pagina Facebook non è aggiornata da oltre due anni e mezzo. Eppure nel 2018 Therese Mukamitsindo era stata premiata da Laura Boldrini come imprenditrice straniera dell'anno, e la coop Karibu andava alla grande, passando in due anni da 50 a 150 dipendenti. Si fa vedere in quel periodo anche la moglie di Soumahoro, Liliane, che tra l'altro promosse nel 2017 il lancio di «K mare», una linea di costumi e pareo realizzati dai rifugiati ospiti delle loro strutture. L'iniziativa venne presa di mira come «business di finta solidarietà» da Casapound, che attribuiva alla coop, al dicembre 2017, 11 milioni di euro di ricavi. La donna, che alterna abiti tradizionali a selfie con vestiti e accessori griffati, replicò rivendicando anche la sua passione per le firme del lusso: «Non prendo soldi da questa coop, ma ho avuto una vita precedente nella quale ho lavorato e mi sono potuta permettere abiti firmati. Siccome sono una donna di colore, non li posso indossare? Mi si accusa di averli comprati con i soldi della cooperativa? Non è così, vengano a vedere gli scontrini».
Ma l'ascesa è finita. Già a maggio 2019 il giornalista pontino Emanuele Coletti raccontava, su Latina Tu, come dopo il boom «inizia la parabola discendente e il Ddl sicurezza sembra accelerare questo corso».
Gli stipendi cominciano a tardare, i dipendenti calano, un decreto ingiuntivo pignora 139mila euro di crediti vantati dalla coop nei confronti di Viminale e Regione. La crisi, nera, non ha però fermato le attività della società. Forse perché, stando alle denunce, avrebbe smesso di pagare molti dei suoi lavoratori.
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