Fuga di Uss, primi indagati. E suo padre ringrazia Putin

Spuntano i primi indagati, oltre a dettagli più precisi sulla fuga, nell'inchiesta della Procura di Milano sul caso di Artem Uss, l'uomo d'affari russo evaso dai domiciliari a Basiglio (Milano) il 22 marzo

Fuga di Uss, primi indagati. E suo padre ringrazia Putin

Spuntano i primi indagati, oltre a dettagli più precisi sulla fuga, nell'inchiesta della Procura di Milano sul caso di Artem Uss, l'uomo d'affari russo evaso dai domiciliari a Basiglio (Milano) il 22 marzo, il giorno dopo che la Corte d'Appello milanese aveva dato il via libera all'estradizione richiesta dagli Usa. Nel frattempo, il padre dell'imprenditore, un magnate e governatore di una regione siberiana, molto vicino a Vladimir Putin, ringrazia direttamente il presidente russo per il ritorno del figlio in patria. Ringraziamenti che si aggiungono alle parole di fine ottobre, dopo l'arresto del 40enne in Italia, di Dmitri Peskov, portavoce di Putin («Le missioni diplomatiche russe» disse «faranno del loro meglio per proteggere gli interessi di Uss») e a quelle dello stesso Uss che, direttamente dalla Russia il 4 aprile, aveva parlato di «persone forti e affidabili» che «mi sono state vicine». Frasi, quasi beffarde, che supportano l'ipotesi investigativa di un'operazione di «esfiltrazione» gestita dai servizi russi. Intanto, dalla ricostruzione effettuata con indagini serrate, tra telecamere, tabulati e testimoni ascoltati, da parte dei carabinieri, coordinati dal procuratore Marcello Viola e dal pm Giovanni Tarzia, è emerso che il 40enne sarebbe riuscito a lasciare l'Italia in poche ore di macchina, cambiando più auto e con documenti falsi, attraverso il confine triestino. È entrato in Slovenia ed è arrivato fino in Serbia e da là è tornato in Russia, forse con un volo. Sarebbe stato aiutato da un gruppo operativo composto da meno di dieci persone, pare 6 o 7 e dell'Est Europa, alcune già identificate e indagate (quattro o cinque in totale) e altre da identificare. La Procura sta indagando pure su un «secondo livello», probabilmente uomini dei servizi segreti russi che avrebbero pianificato quel blitz «chirurgico».

Il braccialetto elettronico, che non è stato ritrovato, aveva dato l'allarme ma, quando le forze dell'ordine sono arrivate quel pomeriggio, Uss era già salito su un'auto e sparito nel nulla e il braccialetto non aveva un sistema di gps.

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