È a Villa Grande che si cerca l'accordo sulla presidenza del Senato e tutto quello che ne consegue per il prossimo governo. Ma il vertice di coalizione, che doveva essere risolutivo, salta clamorosamente, dopo un incontro tra il leader di Forza Italia e la premier in pectore. A casa di Silvio Berlusconi la presidente di FdI Giorgia Meloni arriva nel pomeriggio e al fianco ha proprio il suo candidato alla seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa.
Matteo Salvini a quell'ora sta ancora presiedendo il consiglio federale della Lega e dalla Camera continua ad alzare la posta. «Sulla presidenza del Senato e sul Viminale non mollo», dice ai suoi, secondo le indiscrezioni. Si sa che il suo, di candidato, è Roberto Calderoli e si sa anche che Giorgia non vuole un suo ritorno al ministero dell'Interno. Ma il vicepresidente del Carroccio Andrea Crippa ripete: «Per il Viminale Salvini è la prima scelta, Calderoli presidente Senato». Situazione ingessata, ma Giorgetti uscendo dalla Camera dice: «C'è ancora tempo, ma non troppo».
Quando ancora è chiuso il cancello della villa sull'Appia che fu abitata da Franco Zeffirelli, circolano ipotesi di una soluzione diversa da quella che sembrava fin qui la più probabile, con il leghista Riccardo Molinari al vertice della Camera. Si parla di un rimescolamento delle carte, delle caselle dei vertici parlamentari e del governo che cambiano colore per un riequilibrio, del «caso Ronzulli» al centro delle tensioni con gli azzurri.
Dopo un'ora e mezza Meloni e La Russa salutano il Cavaliere ed escono, senza aspettare Salvini. Il giorno prima è stato il leader della Lega ad andare da solo dall'alleato azzurro per un colloquio, ma poi ha chiesto al più presto un vertice di coalizione. Che invece è saltato, anche se in mattinata proprio Meloni dichiarava: «Con Salvini e Berlusconi ci vedremo più tardi, sono ottimista. Mi pare che le cose vadano bene, lavoriamo, saremo pronti».
Invece a questo punto, alle 18,30, sembra proprio che non ci sia nessun accordo e che l'incontro di centrodestra non ci sarà. Mezz'ora dopo il Capitano esce da Montecitorio ed è chiaro che qualcosa è andato male, tanto che lui rinuncia ad andare a Villa Grande e annuncia che è diretto invece «dalla fidanzata». Poco prima, al termine del consiglio federale, ha incontrato per discutere dei dossier più urgenti anche Giancarlo Giorgetti, di cui si parla per la presidenza della Camera e per il ministero dell'Economia. Un modo per smentire attriti tra i due.
La giornata conferma gli attriti tra Meloni e gli alleati, anche se dal quartier generale di Fratelli d'Italia si è sempre cercato di gettare acqua sul fuoco. «L'incontro fra i tre leader - spiegava il senatore di FdI Giovanbattista Fazzolari -, servirà a delineare meglio il quadro. Ma non perché ci siano criticità particolari». In serata si registra una mezza schiarita dopo un giro di telefonate. Salvini parla con i leader («c'è crescente ottimismo, da parte nostra nessun veto e nessuna impuntatura», fa sapere), spiega che è disposto ad un passo di lato sul Viminale, che andrebbe comunque in quota Lega, che incasserebbe altri ministeri di peso: Infrastrutture e Trasporti (per Salvini), l'Agricoltura, gli Affari regionali con la delega sull'autonomia. Ma soprattutto l'Economia, dove andrebbe Giancarlo Giorgetti, però in una quota tecnica. Oltre a questo alla Lega andrebbe la Camera (Molinari, ma gira anche Vannia Gava), mentre è chiuso l'accordo su La Russa al Senato. Una soluzione che Salvini avrebbe trovato con la Meloni, ma senza accontentare Forza Italia. La quale si ritroverebbe senza presidenze delle Camere e sottostimata nella rappresentanza in cdm.
Per questo in tarda serata dai vertici azzurri filtrava una certa freddezza, che oggi potrebbe essere superata con un riequilibrio dei dicasteri: si parla di Salute, Turismo o - in subordine - Rapporti con il Parlamento.
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