Il "contesto", foglia di fico antisemita

Ormai tutto il mondo sa, non importa se poi ovviamente le geniali professoresse che dirigono Harvard, Mitt e Penn hanno fatto un passo indietro

Sally Kornbluth, presidente del Massachusetts Institute of Technology, in un'audizione al Congresso.
Sally Kornbluth, presidente del Massachusetts Institute of Technology, in un'audizione al Congresso.
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Ormai tutto il mondo sa, non importa se poi ovviamente le geniali professoresse che dirigono Harvard, Mitt e Penn hanno fatto un passo indietro: per le università più chic d'America «invocare il genocidio degli ebrei» non è in sé contrario al codice di condotta degli atenei, nei cui campus gli slogan «from the river to the sea» risuonano in variazioni fantasiose. Se lo si debba invocare o no, «dipende dal contesto». Risposta molto interessante specie se data davanti alla Camera americana durante un'inchiesta sull'antisemitismo.

Ormai la quotidiana dose di urla, violenze, prese di posizioni e aggressioni fisiche antisemite (sul cui sfondo ormai per il 50% dei giovani fra i 18 e i 25 anni negli Usa la Shoah è un mito e in Inghilterra solo l'11% dei giovani fra i 18 e i 24 anni tengono per Israele) la verifichiamo ogni giorno, l'antisemitismo è di nuovo fra noi sotto forma di odio per Israele, sulla base della ricostruzione fasulla della sua storia e del negazionismo sulla strage del 7 ottobre. Ma addirittura lo sterminio degli ebrei si giustifica col «contesto»? Quale contesto? Le nostre intellettuali non usano le parole a caso.

La cornice conta: il «contesto» del denaro, per cui la loro istituzione è finanziata a centinaia di milioni di dollari; la retta è solo per chi può, essere antisemiti qui è diverso da esserlo in una miserabile banlieu. Qui i giovani musulmani che si mescolano alla sinistra giovanile sono, in un «contesto» di cultura giovanile che le presidi devono considerare nell'ambito della «libertà di opinione». E di che si tratta? Innanzitutto, della rabbia furiosa che ormai è considerata legittima, quella degli oppressi contro gli oppressori. Una furia fisica di cui vedremo espressioni sempre più gravi; un'arrabbiatura teorizzata, che ha già portato a parecchie aggressioni e distruzioni, come quelle di Black lives matter.

Gli oppressi hanno il dovere di infuriarsi. Come disse Borrell? La strage non avviene in un vuoto. Ha le sue ragioni. La rabbia è contro il razzismo, contro il colonialismo, contro coloro che hanno distrutto l'ambiente, contro i maschi, contro l'occupazione; non importa se i violentatori, gli odiatori dei gay, i dittatori, i razzisti sono dall'altra parte. Gli ebrei sono al top del «contesto» woke desiderato.

In più, il «contesto» della tradizione genocida antisemita dai tempi dell'antico Egitto non ti tradisce: prima contro la religione, poi contro la razza, ora contro lo Stato. Giustifica perfino lo stupro omicida a centinaia. Il «contesto» per gli ebrei non manca mai.

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