"Fuori cinesi, lombardi e veneti" Il Sud si barrica (e teme il contagio)

Dopo il Molise, anche Ischia «respinge» i turisti Ordinanza cancellata, ma cresce il malumore

"Fuori cinesi, lombardi e veneti" Il Sud si barrica (e teme il contagio)

Milano «Alla biglietteria del porto di Napoli, davanti al nostro accento marcato, ci hanno chiesto da dove arriviamo. E quando abbiamo dichiarato di essere veneti di Mestre, ci hanno fatto parlare prima con la polizia e poi con il capitano. Che, più possibilista degli agenti, ha fatto salire me e mia moglie sul traghetto diretto a Ischia. Dal quale siamo dovuti però scendere in fretta e furia perché a quel punto tra gli isolani a bordo è scoppiata una vera e propria rivolta. Praticamente ci hanno mandati via. Trattati come untori, abbiamo rinunciato a una vacanza prenotata (e pagata) da due mesi. Avviliti, siamo tornati a casa. Cos'altro potevamo fare?».

Contagiati e pronti a infettare tutti. Così ci vedono nelle zone d'Italia (finora) non colpite dal Coronavirus e così non ci vogliono, in particolare al sud. Certo: proteggersi è sacrosanto e serrare i ranghi in situazioni di pericolo più che giustificabile. Consapevoli però che certe paure, molte delle quali davvero eccessive e premature, rischiano di offuscare i veri problemi meritevoli di maggiore attenzione. Tra questi, facendo i dovuti scongiuri, anche l'eventualità purtroppo tutt'altro che remota, che il virus si espanda anche in Meridione.

Ieri alle 17 la coppia di mestrini che hanno parlato con noi (69 anni lui, 67enne lei) sono dovuti rientrare in Veneto dopo che l'ordinanza dei sindaci di Ischia dalla mattina aveva imposto il divieto di sbarco temporaneo sull'«isola verde», oltre ai cinesi provenienti dalle aree dell'epidemia e a chi vi abbia soggiornato negli ultimi 14 giorni - esplicitamente a tutti «i residenti in Lombardia e in Veneto». Giustificando il provvedimento, attraverso frasi ben costruite e zeppe di ridondante prudenza, con «l'elevato volume di arrivi turistici» anche d'inverno e «le difficoltà che comporterebbe dover fronteggiare casi di contagio» nel loro territorio «che dispone di un solo ospedale e ed è svantaggiato dal punto di vista dei collegamenti». Un divieto annullato in serata (purtroppo poco dopo che la nostra coppia era salita in treno per tornarsene in Veneto) dal prefetto di Napoli, Marco Valentini. Con la preoccupazione rivolta ai concittadini isolani, ma anche l'attenzione a non scadere in una immotivata forma di isteria collettiva che già fa parlare molti di una forma di razzismo, il prefetto ha disposto che le forze dell'ordine identifichino sì in ambito portuale i cittadini provenienti da Lombardia e Veneto e diretti a Ischia, ma solo per accertare la loro eventuale residenza «nei comuni già individuati dall'autorità sanitaria, nei quali sussiste un cluster di infezione di virus». E, solo in quel caso, impedirne l'imbarco.

Mentre la Regione Puglia prepara un'ordinanza per la segnalazione preventiva al medico di base di tutti coloro che stanno rientrando dal Nord e lancia un appello a non presentarsi in ospedale, ma a contattare i numeri di emergenza, vero primatista si rivela il sindaco di Montefusco (Avellino). Che già sabato sera ha timbrato l'«invito» a non lasciare il domicilio irpino e a seguire rigorosamente le disposizioni profilattiche nei confronti di un concittadino 27enne che fa il cameriere nel comune lodigiano dove si annida il focolaio del contagio, Codogno. Il ragazzo aveva appena raggiunto la casa dei genitori dopo aver viaggiato tutta la notte in auto, eludendo gli obblighi di chi si trova nelle zone colpite dal Coronavirus.

Stesso trattamento ieri per altri due fratelli irpini, anche loro operai a Codogno, località che hanno abbandonato per tornare in autobus in famiglia, a Lauro. Così il sindaco ha disposto la quarantena per tutte le famiglie che abitano nello stesso condominio e l'azienda trasporti locale ha disinfestato, senza eccezioni, tutti i mezzi della sua flotta.

Fa riflettere infine il provvedimento del sindaco di Praia a Mare (Cosenza).

Nel quale si ordina che «tutti gli interessati da spostamenti da e per le zone del Nord Italia coinvolte dal focolaio, lo comunichino con urgenza» all'amministrazione comunale. Precisando, tanto per non sbagliare, che per aree di diffusione del Coronavirus, sono da intendere «anche le città di Milano e Torino». E Padova? Mah!

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