Un anno fa Guido Barilla aveva detto che non avrebbe mai fatto spot con i gay. Subito era scattata la protesta delle associazioni di omosessuali, che avevano lanciato una vera e propria crociata contro i prodotti del gruppo alimentare con tanto di hashtag su Twitter (#boicottabarilla). Dopo poco, però, l'industriale aveva chiesto scusa e, per "rimediare", aveva ingaggiato David Mixner, leader mondiale Lgbt, annunciando di voler lavorare a iniziative su "inclusione e diversità". Oggi riesplode la polemica. Ad accendere la miccia è il senatore Maurizio Gasparri. Il vicepresidente del Senato invita al boicottaggio dei prodotti Barilla. Ma cosa è successo? L'azienda ha deciso di "aprire" alle persone gay, soprattutto negli Stati Uniti, per quanto riguarda la politica aziendale: copertura sanitaria ai dipendenti transgender e alle loro famiglie, finanziamento alle associazioni per i diritti dei gay. Un'inversione a 180 gradi, che va a guardare - facile ipotizzarlo - soprattutto al mercato (30% del fatturato, l'anno scorso 430 milioni di dollari). Barilla ha ottenuto l'approvazione a pieni voti della propria politica verso i gay da Human Right Campaign, associazione che stila ogni anno una graduatoria basata sulle politiche interne ed esterne aziendali nella tutela dei gay. Il Washington Post ha dedicato a Barilla un articolo in prima pagina, con questo titolo: "Una ricetta per la ripresa: Barilla si redime nei confronti dei gruppi gay".
Gasparri non ha gradito e ha affidato a un tweet velenoso la prorpia rabbia: "Patetico epilogo per Guido Barilla passato dalla difesa della famiglia alla subalternità a lobby gay. Non compriamo più Barilla".
Po hai rincarato la dose: "Non comprate prodotti Barilla, Guido Barilla merita boicottaggio per resa su famiglia naturale". Subito è scoppiata la polemica su Twitter, a colpi di battute a favore e contro il senatore. Ovviamente non si parla solo di gay e famiglia naturale, ma anche di pasta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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