Da Gaza oltre 600 missili Israele risponde coi raid. Ucciso un capo di Hamas

Quattro le vittime israeliane, 21 nella Striscia L'Ue per la prima volta non condanna Tel Aviv

Da Gaza oltre 600 missili Israele risponde coi raid. Ucciso un capo di Hamas

Potrebbe fermarsi la grandine di fuoco sulle case e le strade di Israele: verso sera è stata confermata una richiesta di Hamas, attraverso mediatori probabilmente egiziani, di «cessate il fuoco», anche se è difficile prevederne gli sviluppi. Di certo, Hamas ci ripensa, mentre nella giornata aveva lanciato, causando grande rovina, più o meno 600 missili dopo che dal cielo un proiettile lanciato dagli F15 ha distrutto, con uno di quegli attacchi mirati che non si vedevano da anni, l'auto guidata da Hamed al Khoudari: è finito così il re di denari di Hamas, colui che riciclava per l'organizzazione i milioni iraniani e qatarioti. Così, i capi della Jihad e di Hamas hanno forse capito il messaggio di Netanyahu, ieri in riunione di gabinetto per ore e ore mentre sul suo Paese si abbattevano una serqua di tragedie.

Dopo i tre morti israeliani del giorno prima (uno era un 58enne padre di quattro figli), quattro sono stati uccisi anche ieri, uno mentre lavorava in fabbrica a Ashkelon e l'altro mentre guidava a Sderot. A pochi minuti l'uno dall'altro Hamas li ha fatti fuori, chi piglia piglia. I feriti, i ricoverati per traumi di ogni genere si contano ormai a centinaia. Scuole chiuse, lavoro bloccato, trasporti fermi. Una scena che ha spezzato il cuore a tutta Israele è quella di una madre che al suono di una sirena ha finalmente ritrovato, impazzita d'ansia, suo figlio di sette anni sull'attenti sul marciapiedi: il bambino pensava che il suono fosse quello che segnalerà, giovedì, l'ingresso della Festa dell'Indipendenza.

Israele sta molto attento per ora, mentre ammassa le truppe di terra sul confine, a contenere le operazioni nell'ambito dell'attacco a Hamas e alle sue istituzioni. Ha bombardato circa 260 obiettivi sensibili, nidi di missili, depositi di armi, sedi terroriste, case di capi riconosciuti, ha ucciso circa 21 uomini, garantisce che la donna e la bambina che sono state uccise sabato sono vittime di uno dei 90 missili lanciati da Hamas che non hanno raggiunto Israele. La risposta di Israele è mirata, e ha fatto paura: se alcuni boss sono in Egitto, altri si nascondono nelle cantine degli ospedali, qualcuno, promette l'accaduto, sarà dietro l'angolo con una fawda definitiva quando si aggireranno per Gaza.

«Quello che non si ottiene con la forza, si ottiene con più forza»: è un vecchio detto da soldati israeliani. Non ci piace? No, ma è indispensabile per sopravvivere: è questo è il fondamentale dilemma filosofico dello Stato d'Israele, da sempre assediato e da sempre assorto in uno (spesso inutile) esercizio di ponte fra autodifesa e pacifismo liberale. A noi occidentali non piace la guerra, i muri, la violenza, gli scoppi... Ci piace immaginare una società in continuo progresso verso la comprensione universale. Non è una contraddizione da poco per Israele, che nasce odiata sin dall'inizio dai nemici islamisti proprio mentre il mondo si aggiusta alla pace dopo la mostruosa Seconda Guerra Mondiale, rinunciando alla guerra per sempre. Il Sionismo stesso è una ideologia progressiva e liberale, che vuole fondare una società pacifica. E così, pretendendosi ignara dell'attacco che dal 1948 il mondo arabo le ha portato, ha sopportato che Hamas spari sulla soglia degli asili nido, nelle case, sulle autostrade... fino a Tel Aviv, senza tentare di annichilire quel potere che opprime una popolazione di due milioni di abitanti. Netanyahu non vuole certo prendersene il fardello e in realtà forse spera che gli egiziani si facciano avanti.

Intanto deve contenerne gli eccessi, ma con i terroristi, specie quando mezzo mondo non vuole sentire dire questa parola, è difficile gestire un'autodifesa che piaccia. Tuttavia una novità c'è: anche l'Europa, che in genere aspetta avida di condannare Israele, stavolta, compresa la Mogherini, si spinge fino a affermare audacemente che: «Il fuoco da Gaza deve cessare immediatamente».

Poi però non si contiene, e torna a dire che «solo una

soluzione politica può portare la violenza a conclusione». Ah sì? Ma l'ha mai letta la carta di Hamas che auspica non solo la distruzione di Israele ma anche quella di tutta la cristianità, compresa Roma e certo anche Bruxelles?

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