«Si può ritenere provato che il Boccaccini, in adempimento del ruolo assegnatogli nella pianificazione, raggiunse il Morandi a Porretta, per ricondurlo a Firenze, nella piena consapevolezza, quale militante della sede toscana delle Br-Pcc, di fornire necessario apporto non solo al Morandi ma anche agli altri militanti che nel capoluogo emiliano da cui quella sera proveniva il militante Aldo avrebbero dovuto attentare alla vita del prof. Biagi». Simone Boccaccini, dunque, ebbe un ruolo cruciale in una delle ultime imprese criminali delle Brigate Rosse, l'assassinio a sangue freddo del giuslavorista Marco Biagi a Bologna, il 19 marzo 2002. Eppure, senza essersi mai pentito, da ieri Boccaccini è fuori dal carcere. A sessantaquattro anni, l'ex terrorista potrà invecchiare da uomo libero, come a Biagi non venne concesso di fare.
Per Lorenzo Biagi, figlio del professore assassinato, il pugno nello stomaco era arrivato già nel 2019, quando Boccaccini aveva ottenuto lo sconto di pena che ora gli apre le porte della cella. «Mi fa molta rabbia, ma ne prendo atto - aveva detto allora Lorenzo Biagi - i brigatisti rossi che hanno ucciso mio padre devono scontare tutta la condanna, altrimenti significa che non viene fatta giustizia un'altra volta»; ieri, quando viene a sapere della scarcerazione, dice solo di «provare indifferenza nei confronti di questo assassino, l'unica cosa che conta per me è andare avanti nella mia vita col mio babbo nel cuore». Va giù pesante invece il sindaco di Bologna, Matteo Lepore: «È una decisione che ci sconvolge».
Ma le premesse c'erano tutte, ben da prima dello sconto di pena concesso nel 2019. Con Bonaccini la giustizia si era già dimostrata stranamente clemente già nel corso del processo d'appello. Condannato all'ergastolo in primo grado insieme agli esecutori materiali dell'agguato a Biagi (in testa Nadia Desdemona Lioce, anche oggi irriducibile e reclusa al 41 bis) Boccaccini in secondo grado si era visto praticamente graziare dai giudici. La Corte d'appello aveva ritenuto assodato il suo ruolo consapevole nella preparazione dell'omicidio di Biagi: «Non di diaboliche coincidenze si tratta ma di precise, mai efficacemente smentite, occasioni di partecipazione dell'imputato, in ampio arco temporale, con ruoli di volta in volta determinati, in attività dell'organizzazione e, per quel che più interessa in questa sede, in attività finalizzate all'organizzazione ed alla esecuzione dell'attentato al prof. Biagi».
Allora perché la concessione delle attenuanti generiche e solo una condanna a ventun anni? Perché «il ruolo svolto in relazione ai fatti oggetto di imputazione è secondario» ed è «risultata provata la già manifestata inadeguatezza del militante a sostenere ruoli di maggiore impegno nell'ambito della Organizzazione». Cosa si intendesse per «inadeguatezza» non si capiva, tant'è vero che la procura di Bologna ricorse in Cassazione, e anche lì la procura generale chiese che a Boccaccini fosse riapplicato il carcere a vita. Niente da fare, attenuanti confermate, ricorso respinto.
Anche se nelle carte era documentato come anche dal carcere Boccaccini si attivasse per tenere saldi i legami delle Brigate Rosse: «Penso che avviare una corrispondenza tra di noi - scriveva a Roberto Morandi, esecutore materiale dell'assassinio - sia più che utile e producente, dato che ci hanno proprio separato con una bella distanza fisica, ma non in termini di comune identità rivoluzionaria e di classe».
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