Da giorni il nuovo mantra dei forzati dell'emergenza-Covid si riassume in una formuletta di sei parole («A piccoli passi verso la normalità») che ricorda un po' le raccomandazioni paternalistiche dei «saggi» genitori verso i figli «scapestrati» in partenza per le vacanze: «Divertiti, ma senza esagerare...».
Quello che scatta oggi, per tutti gli italiani, non è esattamente un giorno di villeggiatura, ma poco ci manca. Come definire altrimenti la «libertà ritrovata» di farsi una passeggiata senza mascherina? Che - detta così - sembra una grande conquista, ma che, invece, la dice lunga rispetto alla «sindrome del controllo» che da due anni ha trasformato le nostre vite in esistenze a scartamento ridotto; abbassare con nonchalance il freno a mano tirato dal 2020 fino a ieri non sarà un'impresa così automatica e c'è infatti da giurare che anche oggi in moltissimi continueranno «liberamente» a camminare, anche all'aperto, con la mascherina su naso e bocca. Come intrappolati in una sorta di «long Covid psicologico», retaggio dei periodi trascorsi fra isolamento e lockdown quando il contagio mieteva davvero migliaia di morti al giorno. Da parecchio tempo la situazione (grazie ai vaccini) è migliorata nettamente e l'ordinanza in vigore da oggi che consente la circolazione a volto scoperto (ad eccezione nei luoghi chiusi e affollati) ne è la prova evidente. Andremo avanti così, fino al 31 marzo, con la Fpp2 sempre però a portata di mano. Pronta all'uso «in caso di bisogno». Da aprile si vedrà il da farsi. Da oggi riaprono anche le discoteche, con un limite di capienza del 50% al chiuso.
Intanto le dichiarazioni di ieri dei soliti Walter Ricciardi (consigliere scientifico del ministro Speranza) e Nino Cartabellotta (presidente della Fondazione Gimbe) auspicano che «non si giunga assolutamente a un liberi tutti» e che «la mascherina al chiuso venga mantenuta anche dopo l'estate». «Estate» 2022, almeno si spera. Ma non tutti sono d'accordo nell'allentate l'elastico della mascherina. Come ad esempio il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, deciso a proseguire nella sua «linea di rigore», lasciando l'obbligo all'aperto dei «dispositivi di protezione delle vie respiratorie» per «l'intero il mese di febbraio»: «È una scelta - spiega il governatore con cognizione di causa - dettata dall'attuale situazione epidemiologica, oltre che dal particolare contesto geografico, demografico e sociale del territorio regionale». Di segno, fortunatamente opposto, le linee guida anti-restrizioni che vengono dal mondo della scuola e dello sport, due comparti che puntano decisamente all'ammorbidimento delle norme. Dal ministro della Pubblica istruzione si punta a rimuovere il rischio-Dad, mentre la coppia Speranza-Vezzali (sottosegretario allo Sport) sottolinea che «si lavora a un allargamento, a partire dal 1° marzo, che porterà al 75% e al 60% il limite delle capienze rispettivamente degli impianti all'aperto e al chiuso». Maglie più aperte anche in discoteca.
Dal 1° marzo dovrebbero essere meno rigidi anche i divieti che - da oltre due anni - negano la possibilità ai parenti di incontrare i propri cari ospitati nelle Rsa. E dal 10 marzo dovrebbero essere ripristinate anche le visite in ospedale, 45 minuti al giorno nei reparti di degenza.
Capitolo green pass: «Il certificato verde potrebbe andare avanti fino a metà
giugno, data di scadenza dell'obbligo vaccinale. A fine marzo però non escludiamo una revisione per gli asintomatici», ha detto il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri. Per alcuni una buona notizia; per altri, pessima.
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