Nuovo record per il mercato del lavoro ad agosto. Il tasso di disoccupazione totale è sceso al 7,3% (-0,2 punti su luglio), attestandosi ai minimi dal gennaio 2009 e, soprattutto, raggiungendo provvisoriamente il target fissato dalla Nadef per il 2024. Il valore è inferiore anche a quello registrato durante il lockdown ad aprile 2020 (7,5%) quando, però, il numero dei disoccupati era sceso a causa del «travaso» negli inattivi bloccati in casa. In calo anche il tasso di disoccupazione giovanile al 22% (22,1% a luglio).
Record anche per il tasso di occupazione al 61,5% che, purtroppo, resta uno tra i più bassi in Europa. Il tasso di inattività è rimasto stabile al 33,5 per cento. In particolare, gli occupati sono aumentati di 59mila unità (+0,3%) rispetto al mese precedente, soprattutto tra i dipendenti a termine (+1,3%, pari a +39mila). Rispetto ad agosto 2022, invece, si è registrato un aumento di 523mila unità (+2,3%), sulla spinta dei dipendenti permanenti (+3,7%, +550mila). Note positive anche sul fronte della parità di genere con il tasso di occupazione femminile che ha raggiunto il suo massimo del 52,5% (+234mila posti in un anno). Insomma, la stagionalità ha avuto un impatto determinante ma occorre comunque tener conto che, all'uscita da un trimestre di contrazione economica, come quello terminato a giugno, la situazione avrebbe potuto essere ben peggiore. Dunque, il sistema Italia pare reggere l'impatto di una congiuntura non facile.
I dati Istat «ci incoraggiano a fare ancora di più», ha commentato il premier Giorgia Meloni aggiungendo che «favorire le condizioni per chi crea lavoro è il faro della nostra azione di governo e sono felice della fiducia che le imprese stanno riponendo in noi; avanti così per far correre l'Italia». Secondo il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, «la strada tracciata è quella giusta: abbiamo riportato la cultura del lavoro al centro dell'agenda politica e ora andiamo avanti per sconfiggere il lavoro povero dando più potere alla contrattazione collettiva». Un chiaro messaggio all'opposizione: il salario minimo non è la soluzione giusta per la questione retributiva, soprattutto in un momento in cui il mercato del lavoro appare in buona salute. Ottimista anche Confcommercio. Le rilevazioni Istat «attenuano le preoccupazioni» circa una possibile recessione ma «non vanno trascurati gli elementi di criticità» relativi alla necessità di aumentare ulteriormente la partecipazione femminile e di rimpinguare la pattuglia degli autonomi che, seppur cresciuta (+48mila in un anno), negli anni scorsi è stata falcidiata.
Ecco perché è importante che non solo il versante interno sia sostenuto attraverso la difesa dei consumi e del potere d'acquisto attraverso un'opportuna leva fiscale, ma anche che non si affievolisca il traino dell'export. L'ultimo rapporto Sace (la società del Tesoro specializzata nei crediti all'export) ha evidenziato che nel 2023 le vendite italiane di beni oltreconfine supereranno in valore i 660 miliardi di euro grazie a una crescita attesa del 6,8%, una dinamica sostenuta seppure fisiologicamente inferiore a quella dei due anni precedenti. Il trend dovrebbe proseguire a un ritmo del +4,6% nel 2024 e del 3,8% medio annuo nel biennio successivo. Per le pmi il valore dell'export dovrebbe conseguentemente aumentare dai 219 miliardi del 2021 agli oltre 300 miliardi del 2026.
Un dossier preparato da Sace con Ambrosetti ha rimarcato che, tra le priorità per favorire la crescita strutturale, è necessaria anche una «formazione ad hoc». Solo in questo modo, in effetti, si potrà battere il record registrato ieri del tasso di occupazione al 61,5 per cento.
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