"Stanno svendendo le spiagge italiane". Ecco cosa sta succedendo

Una postilla nel decreto concorrenza aveva previsto immediate gare per le concessioni balneari. Ira della Lega, anche Forza Italia e Pd si smarcano

"Stanno svendendo le spiagge italiane". Ecco cosa sta succedendo

Si torna a parlare, dopo diversi anni, della cosiddetta Direttiva Bolkestein. Nelle scorse ore il leader della Lega Matteo Salvini è intervenuto in modo netto di fronte alla prospettiva, prevista dalla direttiva europea in questione, di mettere a bando le concessioni demaniali e in particolar modo quelle delle spiagge.

Tutto è nato da una postilla inserita da un funzionario non meglio precisato della presidenza del consiglio che, all'interno del decreto concorrenza, metteva a gara le concessioni balneari. Subito dopo la scoperta del nuovo comma, dalla Lega è arrivata una ferma condanna dell'iniziativa. Ma anche gli altri partiti della maggioranza, a partire da Forza Italia e dallo stesso Partito Democratico, sono arrivati importanti distinguo.

Cos'è la direttiva Bolkestein

Formalmente si chiama direttiva 2006/123/CE, ma da sempre il documento è noto con il nome del commissario alla concorrenza della commissione Prodi, l'olandese Fritis Bolkestein. Si tratta della norma, approvata in sede comunitaria nel 2006 e recepita in Italia nel 2010, con la quale Bruxlles ha riformato il mercato dei servizi all'interno dell'Ue.

C'è un passaggio della direttiva che in Italia ha suscitato da subito polemiche. In particolare, secondo il documento comunitario anche le concessioni degli stabilimenti balneari sarebbero dovute essere messe a gara. Una prospettiva che ha messo in allarme centinaia di titolari delle concessioni. Nel nostro Paese infatti le spiagge vengono date in affidamento senza vere e proprie gare, bensì con accordi diretti tra pubblico e privato.

L'avvio dei bandi per le concessioni balneari avrebbe avuto l'effetto di una terapia d'urto in questo particolare mercato, con diritti pluriennali improvvisamente cancellati e con l'impossibilità per molte piccole imprese di mandare avanti il lavoro. Da qui le proteste che sono andate avanti per diversi anni. Fino a quando poi non si è trovato un primo compromesso nel 2018, con la legge 145 che ha esteso le concessioni attuali fino al 2033.

La nuova diatriba politica

Buona parte dei partiti hanno sempre espresso contrarietà alla messa in gara delle concessioni. Per questo non è passata inosservata la postilla aggiunta da Palazzo Chigi nel decreto concessioni in cui, tra le altre cose, venivano istituite nuove gare immediate. Un colpo di spugna al congelamento fino al 2033 previsto dalla legge 145/2018.

“La Lega da sempre e per sempre contro la svendita delle spiagge, delle concessioni e del mare italiano, come vorrebbe imporre Bruxelles – ha tuonato Matteo Salvini in una nota nelle scorse ore – Se qualche ministro PD ci riproverà, la Lega si opporrà, ovunque e comunque. No alla Bolkestein e sì al lavoro”.

Ma proprio dai dem è arrivato un ulteriore smarcamento dall'iniziativa di Palazzo Chigi. “Credo sia opportuno fare un po’ di chiarezza – ha dichiarato il deputato Pd Umberto Buratti in un video – sulle voci che si rincorrono in queste ore sull’ipotesi da parte del governo di inserire la riforma del demanio marittimo nel decreto concorrenza, e che questa decisione sia stata assunta dal sottosegretario Vincenzo Amendola. Ebbene, questo non è vero”.

Anche da Forza Italia sono arrivate aspre critiche alla messa in gara delle concessioni balneari. “Una cosa è certa: in nessuna legge sulla concorrenza saranno introdotte norme ostili alle imprese balneari e al commercio – ha dichiarato il senatore azzurro Maurizio Gasparri – Sono state approvate norme chiare. Il contenzioso con l’Europa non è ancora stato formalizzato e si discuterà, se mai se ne discuterà, in lustri futuri. Non c’è nessuna necessità di varare norme che in parlamento verrebbero appallottolate come carta straccia e buttate nei cestini.

Se qualche tecnico di retrobottega dovesse assume iniziative che non gli competono se ne andrà a casa”.

Alla fine la postilla incriminata è stata tolta e l'attuale status quo verrà mantenuto. Non sono da escludere però nuove future polemiche sulla questione.

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