Giorgetti conferma i tagli alle tasse

Smentita l'opposizione su cuneo e riforma Irpef. Austerity, Draghi sferza Bruxelles

Giorgetti conferma i tagli alle tasse
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«Dobbiamo essere contenti perché riusciamo a confermare il taglio della decontribuzione dei salari medio-bassi fino a 35mila euro, che quest'anno aumentiamo fino alla soglia di 40mila euro, un patto di circa 16 miliardi». Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ieri ha messo nuovamente in evidenza che il taglio strutturale del cuneo con la riforma Irpef non solo tutela i redditi deboli, ma consente di tenere i conti in ordine. «Un patto che permette di far pagare meno tasse alle famiglie che hanno più bisogno e che vuole portare anche interventi a favore delle famiglie con i figli» ha aggiunto ricordando che tutto questo si inserisce «in un quadro di finanza pubblica che dopo due anni ha costruito una base di credibilità e fiducia anche a livello internazionale» con i giudizi positivi delle agenzie di rating. Il titolare del Tesoro certamente ribadirà questa posizione anche all'Eurogruppo di domani a Bruxelles. La Commissione Ue esaminerà con attenzione la manovra e il verdetto, comprensivo di valutazione del Piano strutturale di Bilancio, è atteso per la fine di novembre. Probabile che si chieda un contenimento delle modifiche parlamentari per non alterare lo sforzo di risanamento, una tensione opposta a quella proveniente dalle Camere che spingono per emendare le parti su fisco, pensioni e sanità. Ieri il vicepremier e leader di Fi, Antonio Tajani, è tornato a chiedere una proroga del concordato fiscale, «una scelta di buon senso: più sono gli incassi più si tagliano le tasse al ceto medio». I risultati dovrebbero giungere nella seconda metà del mese.

Ma in Europa ci sono anche voci dissonanti rispetto alla regola dell'austerity. Mario Draghi, dopo aver presentato il report sulla competitività europea, ha lanciato un nuovo monito alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e al Consiglio Ue nel quale la Germania recita sempre un ruolo di primo piano. Questa volta il pulpito sono le pagine del Financial Times ma il refrain è sempre lo stesso: bisogna privilegiare gli investimenti e non far sì che le esigenze di crescita dell'Ue siano compromesse dal rigore.

Draghi ha, tuttavia, scelto un nuovo modello cui ispirarsi: la Finanziaria del governo laburista britannico di Keir Starmer. La cancelliera dello scacchiere, Rachel Reeves, ha infatti varato un piano di investimenti da 100 miliardi di sterline (119 miliardi di euro) in cinque anni focalizzato principalmente su infrastrutture e sanità. Il governo di Sua Maestà, scrive Draghi, «ha adottato norme precise per garantire che il debito sia utilizzato solo per finanziare gli investimenti» e «per garantire la qualità della spesa, le transazioni saranno convalidate da autorità indipendenti». Questo «aumenta la probabilità che gli investimenti pubblici abbiano un valore attuale netto positivo» (cioè che le entrate progressive superino i costi sostenuti; ndr) e che quindi si favorisca la sostenibilità fiscale dello sforzo compiuto. Le nuove regole del Patto di Stabilità consentono di avvicinarsi al target di 750-800 miliardi l'anno per investire nella transizione digitale ed ecologica nonché nella difesa, le priorità indicate dal report Draghi al cui finanziamento dovrebbe contribuire per l'80% il settore privato.

C'è un però, sottolinea l'ex numero uno della Bce sul quotidiano britannico. In primo luogo i Paesi che presenteranno Psb a quattro anni difficilmente useranno «i margini per aumentare gli investimenti previsti dalle nuove regole». Quelli che invece hanno optato per la correzione a sette anni come l'Italia dovranno sottoporre i propri programmi d'investimento alla Commissione Ue che dovrà essere «esigente», cioè severa. E questo comporterà, probabilmente, che «i beni pubblici come la prevenzione del cambiamento climatico, le interconnessioni energetiche, la ricerca e la difesa» restino sottofinanziati. Queste prassi determineranno un'altra conseguenza negativa.

«Il finanziamento privato - prosegue - non risponderà senza un programma coordinato di riforme», ma «un uso più efficiente degli elevati tassi di risparmio privato in Europa richiede l'integrazione dei suoi mercati dei capitali», ha concluso l'ex premier.

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