Giorgetti ripensa il canone Rai. Non in bolletta ma sul cellulare

Il ministro dell'Economia propone un'ipotesi di riforma legata alla fruizione dei contenuti su tutte le piattaforme

Giorgetti ripensa il canone Rai. Non in bolletta ma sul cellulare
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Il canone Rai fuori dalla bolletta dell'elettricità ma collegato alle utenze telefoniche dei cellulari. È una delle ipotesi formulate per la riforma della riscossione del tributo da parte del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ieri in audizione presso la commissione parlamentare di Vigilanza sulla tv di Stato. Progressivamente si potrà diminuirne anche l'importo ma, considerato il difficile quadro macroeconomico, la questione è destinata a essere affrontata più in là con buona pace del leader leghista Matteo Salvini che ne auspicava una drastica riduzione.

In particolare, ha spiegato il titolare del Tesoro, va aperta una riflessione sulle nuove modalità di fruizione che, «come dimostra RaiPlay, consentono di vedere i contenuti Rai usando vari device». Se il presupposto diventasse il possesso di un'utenza telefonica mobile, ha aggiunto, «si avrebbe un aumento della platea e quindi una riduzione del costo pro capite del canone». Oggi sono 21 milioni i cittadini che pagano, mentre le utenze telefoniche mobili attive sono 107 milioni. Il meccanismo, tuttavia, comporterebbe «problemi di applicazione, relativi al calcolo di utenze per nucleo familiare: andrebbe individuato un tetto massimo - avverte il ministro - per evitare il pagamento di una somma più elevata».

Tra gli obiettivi del governo anche lo scorporo di una quota relativa agli investimenti sostenuti dalla Rai, che potrebbero essere posti «a carico della fiscalità generale». Si tratterebbe delle spese per ottimizzare la capacità trasmissiva e il livello di copertura delle reti Rai e valgono «circa 300 milioni» che potrebbero tradursi in una riduzione del canone annuo. Riduzione che, però, sarebbe fittizia in quanto sarebbe finanziata da altre entrate dello Stato che in qualche modo bisognerebbe incamerare. Il canone in bolletta «è stato il modo più semplice per incassare», ha spiegato Giorgetti, «ma ci sono tanti modi per finanziare il servizio pubblico», anche guardando all'esperienza di altri Paesi. Se ne occuperà un tavolo tecnico al ministero.

Ma Giorgetti si è soffermato soprattutto sul ruolo della tv pubblica. Il nuovo contratto di servizio 2023-2028, sul quale la Vigilanza è chiamata a esprimere il parere, tiene in considerazione «la sostenibilità economica, l'efficienza aziendale e la razionalizzazione della spesa». All'ad Roberto Sergio e al dg Giampaolo Rossi è affidata la realizzazione di un piano industriale che dovrà trasformare la Rai in una moderna digital media company che sappia intercettare il pubblico giovane pur promuovendo i valori culturali e civili. Un processo che richiede risorse certe e stabili nel tempo. Gli introiti da canone, in base al consuntivo 2022, «ammontano complessivamente a circa 1,85 miliardi», ha sottolineato il ministro, e «sono destinati pressoché integralmente alla Rai». I ricavi da pubblicità, in base all'analisi del budget 2023, «hanno mostrato una leggera flessione, da 640 a 622 milioni di euro». Analoga attenzione dovrà essere posta all'indebitamento della Rai, che dal 2021 al 2022 «è aumentato da 500 a 550 milioni». Ecco perché Giorgetti ha ricordato che «la voce costi esterni è un'area dove si possono conseguire più facilmente razionalizzazioni». Soddisfatta Fratelli d'Italia.

«Il canone Rai non sparirà», ha commentato Paolo Marcheschi, mentre Ester Mieli ha definito «un nostro dovere difendere la Rai dalla concorrenza». «Bene Giorgetti, ora far uscire il canone dalla bolletta», la chiosa dei parlamentari leghisti in Vigilanza.

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