Giorgetti: "Draghi potrebbe guidare il Paese anche dal Quirinale"

Il ministro parla delle due diverse sensibilità che ancora convivono all'interno del Carroccio. E lancia Draghi verso il Quirinale

Giorgetti: "Draghi potrebbe guidare il Paese anche dal Quirinale"

Draghi al Quirinale a guidare una sorta di semipresidenzialismo "de facto", con tanto di allargamento delle funzioni del capo dello Stato finalizzato a controllare una politica al momento fiacca e debole: questo, in sostanza, il piano del leghista Giancarlo Giorgetti per il dopo Mattarella.

Intervistato da Bruno Vespa in occasione della prossima uscita del suo libro intitolato "Perché Mussolini rovinò l'Italia (e perché Draghi la sta risanando)", il ministro del Carroccio spiega che l'ex governatore della Banca centrale europea non ha bisogno della presidenza del Consiglio per governare il Paese: "Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale". E ancora: "Già nell'autunno del 2020 dissi che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi". Dopotutto, puntualizza il parlamentare leghista, "potrebbe guidare il convoglio anche da fuori. Sarebbe un semipresidenzialismo de facto, in cui il Presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole".

Le due sensibilità nella Lega

Parlando della Lega, Giorgetti allontana l'idea dell'esistenza di due diverse linee nel partito, ma ammette quella di sensibilità diverse: "Amando le metafore calcistiche, direi che in una squadra c'è chi è chiamato a fare gol e chi è chiamato a difendere. Io, per esempio, ho sempre amato Andrea Pirlo. Qualcuno deve segnare, qualcuno deve fare gli assist". E il ministro, a detta sua, si sente quindi un fantasista, cioè uno che ha fornito a Salvini l'assist per rientrare nei binari da lui tracciati per far viaggiare il governo attuale."Il problema non è Giorgetti, che una sua credibilità internazionale se l'era creata da tempo", aggiunge il ministro, "il problema è se Salvini vuole sposare una nuova linea o starne fuori. Questa scelta non è ancora avvenuta perché, secondo me, non ha ancora interpretato la parte fino in fondo. Matteo è abituato a essere un campione d'incassi nei film western", spiega il ministro con una metafora. "Io gli ho proposto di essere attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar. È difficile mettere nello stesso film Bud Spencer e Meryl Streep. E non so che cosa abbia deciso", dichiara.

Il fatto che Fratelli d'Italia abbia iniziato a calamitare i voti di chi aveva sperato in una svolta sovranista della Lega non turba affatto Giorgetti, che ritiene l'impennata di consensi ormai in fase calante. "I western stanno passando di moda. Secondo me, sono finiti con Balla coi lupi. Adesso in America sono molto rivalutati gli indiani nativi", afferma infatti, proseguendo nella sua metafora di stampo cinematografico.

La Lega nel Ppe e addio alla Le Pen

Non solo in Italia, la svolta del Carroccio deve avvenire anche nelle dinamiche della Ue, con l'abbandono di AfD e l'adesione al Ppe. "Se vuole istituzionalizzarsi in modo definitivo, Salvini deve fare una scelta precisa. Capisco la gratitudine verso la Le Pen, che dieci anni fa lo accolse nel suo gruppo. Ma l'alleanza con l'AfD non ha una ragione". In breve, quindi, uno stravolgimento di quelle idee che erano state diffuse ai cittadini italiani durante il corso delle ultime campagne elettorali. Compreso l'abbandono dell'ipotesi di uscire dall'Unione europea e tornare alla Lira, come dichiarato un tempo: una svolta europeista di Salvini, quindi? "È un'incompiuta", replica a Vespa un ancora insoddisfatto Giorgetti.

Salvini ha sì cambiato linguaggio, "ma qualche volta dice alcune cose e ne fa altre. Può fare cose decisive e non le fa". Rotta, dunque, verso il Ppe? "Io non ho bisogno di un nuovo posto. Io voglio portare la Lega in un altro posto", conclude Giorgetti.

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