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Giorgia e le altre leader. La vera rivoluzione delle donne al potere l'ha fatta la destra

Da Ursula von der Leyen alla premier britannica Liz Truss fino a Roberta Metsola, presidente del Parlamento Ue: sono i conservatori (e non la sinistra) a dare spazio alla riscossa femminile

Giorgia e le altre leader. La vera rivoluzione delle donne al potere l'ha fatta la destra

L'emancipazione femminile è una delle medaglie che la sinistra storica ama maggiormente, e a buon diritto, rivendicare: i movimenti per il diritto al lavoro nella storia d'Italia sono sempre andati a braccetto con quelli della ridiscussione del ruolo familiare della donna. Poi molto più avanti nei decenni, la rivoluzione femminista ha scardinato e rimesso in discussione la sincerità e la funzionalità della rivoluzione gestita dai partiti maschi, e il femminismo è diventato il movimento destinato a rivoluzionare definitivamente la vita delle donne, mettendone il corpo e la psiche al centro e quindi decidendo, a partire dalla sua specificità e una volta per tutte, che «il personale è politico». E quanto è vero: non c'è nessuna etichetta che possa coprire, inglobare, definire, la gigantesca lotta delle donne per la loro liberazione. Ma la determinazione a seguitare a vestire con una bandiera rossa, anche se scolorita dagli anni, la loro ascesa, è imponente.

Di fatto quindi su Giorgia Meloni durante tutta una campagna elettorale su cui aleggiava già la prevista vittoria, si sono affollate le nuvole del dubbio femminista: questa donna e madre che ascende al potere non può, non deve rappresentare una vittoria delle donne, perché, in parole povere, è di destra. La Meloni è stata vista come una specie di avatar travestito da donna per scopi truffaldini. Ma non funziona: perché ci sono ormai schiere di donne conservatrici che salgono al potere portando con sé il loro retaggio ideologico e politico. Sono donne diverse fra di loro: Ursula von der Leyen, ministra di Angela Merkel e presidente della Commissione Europea dal 2019, è una di quelle conservatrici che - come appare essere anche Meloni -, si dimostrano nel tempo sempre più aperte a concessioni liberal; così è anche la presidente dell'Europarlamento Roberta Metsola, anche lei conservatrice, eletta dal Ppe di centrodestra, dai socialisti e democratici (SeD) e dal gruppo liberal Renew Europe. Il Partito Nazionalista di Malta (luogo di origine e residenza della Metsola) sospettato di appartenere addirittura alla destra filofascista, dal 2011 ha compiuto tutta una serie di spostamenti nel campo dei diritti umani, fino ad arrivare a sostenere il divorzio e persino il diritto al matrimonio gay. Metsola è decisamente una conservatrice, ma si può dire che esiste un filo che lega il sostegno che i partiti conservatori ormai sono portati a prendere in considerazione costretti dalla storia, ai diritti civili, e l'irresistibile forza delle donne sempre più istruite, decise a gestire il potere, e ad arrivare in cima alla piramide.

In questo ultimo mese questo processo è esploso: Mary Elizabeth Truss, è diventata premier del Regno Unito e leader dei Tories. L'ultima visita ufficiale di un nuovo capo del governo alla Regina Elisabetta, l'ha fatta lei, con molti commenti che necessariamente ne misuravano l' attaccamento alla figura e alla memoria di Margaret Thatcher. Una figura che certamente ha portato le donne e il suo Paese a un più alto scalino nella storia dei rapporti fra le donne e il potere. E sì che conservatrice, lo era, eccome!

Giorgia Meloni è in queste ore il candidato destinato a diventare il primo ministro di un grande Paese che non vuole essere secondo a nessuno nell'Ue: non ha riferimenti storici immediati nella sua parte, in Italia. Non ha un mentore ideologico donna come la Von der Leyen o come la Truss.

È destinata al complicato compito di disegnarsi da sola, ma vive come le altre donne conservatrici quel magnifico processo universale di liberazione che è vergogna contestare, per cui solo il cielo è il limite ormai sia a destra come a sinistra; e anche per cui la donna del passato aveva una spinta sociale molto minore ad accettare le novità in atto nel mondo dei diritti. Conservare vuol dire sapere onorare la propria identità e connetterla col presente, non piagnucolare sul passato. È un lavoro difficile, ma le donne di difficoltà se ne intendono.

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