Il gip di Firenze boccia i pm che indagano il Cav da morto

Respinta la richiesta di arresto di Baiardo. Ma il giudice va oltre: il teorema stragista non ha prove

Il gip di Firenze boccia i pm che indagano il Cav da morto
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L'operazione «incastrate Berlusconi» prosegue anche a Berlusconi morto: al centro c'è l'indagine della Procura di Firenze con la accusa al Cavaliere e a Marcello Dell'Utri di essere nientemeno che i mandanti delle stragi di mafia del 1993. È una accusa che recentemente Matteo Renzi ha liquidato come una cosa da manicomio («devono farsi curare») e che i pm toscani intendono invece portare avanti anche solo contro Dell'Utri, con l'ovvia conseguenza di processare di fatto, alla memoria e per interposta persona, anche Berlusconi. L'indagine va avanti da anni, accompagnata da tempestive fughe di notizie. Ma nei giorni scorsi è arrivato l'inciampo. Per la prima volta, i pubblici ministeri Luca Turco e Luca Tescaroli hanno dovuto sottoporre le loro tesi a un giudice. E hanno preso uno sganassone. Gli assi portanti del teorema, quelli che secondo la Procura dimostrano l'esistenza di un accordo tra Cosa Nostra e il Cavaliere per il giudice preliminare di Firenze non sono riscontrati da alcuna prova concreta. Ma la Procura non si arrende.

Il caso è quello di Salvatore Baiardo, ambiguo pregiudicato palermitano che da qualche tempo si è candidato - facendo spesso retromarcia - a «gola profonda» sui rapporti tra Berlusconi e il boss mafioso Giuseppe Graviano, ergastolano al 41 bis. Baiardo dice e smentisce, fa vedere in giro foto che poi non si trovano, lancia messaggi e li ritratta. Insomma uno dei tanti mestatori (basti pensare a Ciancimino junior) cui le indagini di mafia talvolta si abbeverano. Dopo averlo utilizzato, adesso la procura di Firenze vuole arrestarlo per calunnia, e fin qui non ci sarebbe niente di strano. Ma la richiesta di cattura contro Baiardo voleva essere in realtà un siluro mediatico e giudiziario contro il Cavaliere, lanciato prima della sua morte ma che ora i pm non hanno intenzione di rimangiarsi. Baiardo è infatti accusato, oltre che di calunnia, anche di favoreggiamento aggravato: le sue recenti manovre avrebbero avuto come unico obiettivo permettere a Berlusconi e Dell'Utri di sfuggire alle indagini sui loro rapporti criminali con la mafia.

La richiesta di arrestare Baiardo è stata respinta dal giudice preliminare di Firenze. Che insieme alle accuse a Baiardo ritiene infondate anche quelle - trasversali, potremmo definirle - ai due esponenti di Forza Italia. Non c'è prova, dice in sostanza il giudice, dei presunti rapporti tra Silvio e Paolo Berlusconi (anche lui chiamato in ballo dalla Procura) e Graviano; non c'è prova che esista davvero la fotografia che Baiardo fece vedere al giornalista Massimo Giletti in cui sosteneva fossero ritratti Berlusconi, Graviano e il generale dei carabinieri Francesco Delfino; soprattutto non c'è prova dell'assunto finale della tesi accusatoria, quell'«accordo stragista» di cui - nonostante inchieste analoghe già finite in nulla - la Procura fiorentina fa il suo cavallo di battaglia. A cavalcare la tesi, due toghe rosse al 100%: Turco è stato per anni iscritto a Magistratura democratica, Tescaroli ha scritto sulla rivista di Md e sul Fatto quotidiano.

Anche nella richiesta di arrestare Baiardo, i pm rilanciano, accusando l'uomo della «aggravante di avere agevolato l'associazione denominata Cosa Nostra, interessata a non compromettere le figure di Silvio Berlusconi, quale referente istituzionale, e Marcello Dell'Utri, legato all'organizzazione, ed entrambi parti, secondo l'ipotesi d'accusa, dell'accordo stragista, funzionale allo scambio tra il compimento dei delitti citati e interventi sulla legislazione afferente, fra l'altro, al regime

detentivo applicato ai detenuti per mafia». Il giudice ha rispedito tutto al mittente, zero prove. Ma i pm non si arrendono e ricorrono al Riesame con un mattone da millecinquecento pagine. Ah, l'ebbrezza di processare un morto.

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