Ci siamo quasi, fa sapere il segretario dell'Associazione nazionale magistrati Salvatore Casciaro: le chat succhiate dal telefono di Luca Palamara sono state consegnate quasi per intero all'Anm, e ora i probiviri del sindacato potranno iniziare a valutare se gli iscritti che bussavano alla porta di Palamara abbiano violato i principi deontologici. L'aspetto singolare della comunicazione di Casciaro non è solo che si tratta dell'ennesimo annuncio in cui l'Anm si dichiarava pronta a tirare le fila dell'inchiesta interna. Il problema è che le chat sono di pubblico dominio da quasi due anni, tanto che alcuni dei magistrati coinvolti hanno già lasciato spontaneamente l'associazione e alcuni non sono più nemmeno magistrati. La giustizia interna dell'Anm rischia insomma di arrivare fuori tempo massimo, e soprattutto di muoversi in un contesto di norme - cosa può o non può fare un magistrato - quanto mai aleatorio.
I probiviri dell'Anm sono in una situazione complicata: basti pensare che uno di loro si è dovuto rapidamente defilare perché coinvolto in una nomina bocciata dal Consiglio di Stato. D'altronde se si dovesse usare il pugno di ferro, si salverebbero in pochi: gli 84 capi di tribunali e di procure che (secondo una analisi del Giornale mai smentita) devono il loro posto all'intervento decisivo di Palamara sono ancora tutti al loro posto e hanno in tasca la tessera dell'Anm, nonostante non pochi di loro compaiano con nome e cognome nelle chat.
Per salvare i reprobi, l'Anm ha a disposizione un parere autorevole come quello di Giovanni Salvi, procuratore generale della Cassazione (a sua volta autorevole dirigente di Magistratura democratica) che ha ritenuto non perseguibili disciplinarmente gli atti ci «autopromozione», ovvero i comportamenti di chi implorava da Palamara un posto per se stesso. In questo modo a venire colpiti potrebbero essere solo i membri dell'Anm che partecipavano attivamente alla spartizione delle poltrone: ma come distinguere questi comportamenti dal legittimo esercitare l'attività di corrente, che l'Anm ha sempre difeso come lecita e anzi meritoria?
Partenza in salita, insomma. Resa ancora più complessa da un tema solo in apparenza procedurale: le chat possono essere utilizzate senza il consenso degli interessati? La domanda può sembrare oziosa, essendo tutto ormai arcinote. Ma formalmente il problema esiste, soprattutto da quando il principale indagato, Luca Palamara, ha formalmente diffidato il Csm a acquisire e rendere note le chat, promettendo una richiesta di risarcimento di danni A maggior ragione, anche l'Anm (che è un organismo di diritto privato) potrebbe subire la stessa diffida. Nella sua denuncia, Palamara aveva rilevato come «chiunque può accedere sul Csm e tranquillamente leggere il contenuto delle chat senza che le stesse siano in qualche modo secretate o omissate anche quando riportano per intero messaggi privati tratti dal mio cellulare che nulla hanno a che fare con i reati che mi vengono contestati». Lo stesso tipo di obiezione potrebbero rivolgerla gli iscritti all'Anm ai probiviri. Ma il confine tra privacy e comportamenti poco deontologici è impervio. Basti pensare alla vicenda che vede coinvolti il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo e il pm palermitano Alessia Sinatra, la seconda accusa il primo di averla aggredita sessualmente e chattando con Palamara lo riempie di insulti.
Sia Creazzo che la Sinatra sono iscritti all'Anm, ma come faranno i probiviri ad occuparsi di loro senza entrare nella loro vita privata? Nella sua dichiarazione di ieri il segretario Casciaro assicura che «l'attività di verifica delle condotte di rilievo disciplinare endo-associativo saranno svolte nel rispetto del regolamento dell'Unione europea che impone di ispirare il trattamento dei dati ai principi di proporzionalità e di necessitá, e quindi di limitare la disamina ai soli dati indispensabili per l'accertamento degli illeciti deontologici». Più facile a dirsi che a farsi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.