«I referendum sono sempre uno stimolo». Ne è fermamente convinto il sindaco di Benevento Clemente Mastella, ministro della Giustizia nel secondo governo Prodi, dal 2006 al 2008.
Lei pensa di andare a votare?
«Sì, ma non dico come. Resto convinto che debba decidere il Parlamento, ma diversi referendum presentati mi troveranno concorde. Ci sono cose giuste come l'abolizione della legge Severino che crea difficoltà inenarrabili a chiunque voglia fare politica. Un meccanismo di una perfidia giudiziaria che non è accettabile. Il quesito sulla separazione delle carriere è meno significativo. Tranne alcuni casi, ho trovato giudici eccezionali e sono già separati nella loro valutazione dai pm».
Una soluzione parlamentare, quindi, la esclude totalmente?
«Questo è un Parlamento che non riesce a trovare l'equilibrio rispetto a problemi che ormai trovano una insolvibilità generalizzata negli appezzamenti politici. Questa volta, non riuscendo a fare una legge, è ovvio che si va tranquillamente al referendum».
Tra qualche giorno ricorreranno i 30 anni da Tangentopoli. Come ha stravolto e continua a stravolgere la politica italiana quell'inchiesta?
«Quando si fa una rivoluzione, ci si augura che si apra un'era più felice. In questo caso, ci si sarebbe aspettati un'era senza tangenti o speculazioni e, invece, in realtà, non è stato così. Io, poi, ho sempre pensato che la politica dovesse avere un senso non hegeliano. Alla magistratura non tocca definire le ragioni morali. È alla politica che spetta evitare di fornire materia di problemi di attinenza legale e il senso di giustizia e ingiustizia. Per la visione hegeliana la giustizia può surrogare o essere suppletiva della politica. No, sono due campi diversi e quando uno invade il campo dell'altro si mettono in discussione i principi democratici. Questo, però, non significa assolutamente difendere il corruttore o chi si lascia corrompere».
Crede che Berlusconi sia stato vittima di una persecuzione giudiziaria?
«Non so se si possa chiamare persecuzione, ma certo ha avuto talmente tanti avvisi di garanzia che penso ci sia stata una qualche esagerazione. Ciò che nessuno mette in risalto è che quando un politico viene afferrato e quando il meteorite della giustizia atterra o ammazza il politico non è detto che riesca a rialzarsi facilmente. Io sono stato riconosciuto innocente dopo 11 anni, ma io sono stato ammazzato mentre facevo il ministro della Giustizia. Chi mi ripaga di questo? E lo stesso è successo a Berlusconi quando ricevette l'avviso di garanzia durante il G8 di Napoli. Il giudice Carnevale ammazza sentenze una volta assolto è rimasto a fare il giudice fino a 80 anni. Ma politici come me o Berlusconi come recuperano? Io non mi sono più potuto ricandidare. Ma non solo. Il pm che ha sbagliato, come nel mio caso, fa carriera».
Parliamo di «porte girevoli». In base alla sua esperienza, si può sostenere che De Magistris abbia fatto politica anche da magistrato?
«Certo che sì. Quando lui era pm a Catanzaro mi mise una croce addosso incredibile e, poi, sono stato completamente prosciolto. Mi aveva intercettato senza chiedere l'autorizzazione al Senato e la Cassazione ha detto chiaramente che non poteva farlo».
Prima delle Comunali il «caso Morisi» è stato su tutte le prime pagine dei giornali e solo dopo si è sgonfiato. Lei cosa ne pensa della giustizia a orologeria?
«Io ho fatto l'insegnante e quando un alunno mi diceva il professore mi ha preso di punta non ci credevo. Poi, ho dovuto constatare che era così con alcuni miei colleghi che avevano preso di punta dei ragazzi. Lo stesso avviene nella giustizia. Il 99% dei magistrati, seri e perbene, svolge il suo lavoro in maniera seria, ma c'è l'1% ideologizzati che ti prende di mira e non sai come difenderti. Cutolo diceva: chi è innocente, come fa a dimostrare la sua innocenza?. Infine, i pm indagano e fanno bene, ma quando trovano un motivo a favore dell'indagato non dicono sospendiamo tutto. Nel mio caso non è successo di sicuro».
Cosa ne
pensa della riforma Cartabia?«Che si incarta. Il che debba decidere il Parlamento rende complicato approvare una legge sul finale di legislatura. Da questo punto di vista credo che i referendum siano incalzanti».
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