Il governo cede sui trasporti. "Capienza massima all'80%"

Vittoria delle Regioni. Ok dopo giorni di braccio di ferro. Posti occupati fino al 100% per i viaggi sotto i 15 minuti

Il governo cede sui trasporti. "Capienza massima all'80%"

Era inevitabile. Il metro si accorcia anche sui mezzi pubblici. Si potrà stare seduti gomito a gomito, qualche vuoto resterà solo fra le persone in piedi. Tradotto, a spanne, in una formula: autobus e treni locali si riempiranno all'80 per cento. E fino al 100 per cento per tragitti inferiori ai quindici minuti. Impensabile far viaggiare tram e pullman con metà dei posti vuoti, come è grossomodo oggi, perché fra meno di due settimane gli studenti saliranno in massa su ogni sagoma in movimento per andare a scuola. E la scuola, come viene ripetuto ossessivamente da tutte le autorità, è una priorità.

Risultato: dopo un tira e molla andato avanti per giorni, la Conferenza unificata presieduta dal ministro Francesco Boccia aggiorna gli standard. Addio metro, anche se non si starà pigiati come in era pre-Covid. Si chiude così il braccio di ferro fra i rappresentanti delle Regioni, preoccupati perché migliaia di giovani rischiavano di rimanere a terra nell'ora di punta, e il Comitato tecnico scientifico, disposto ad alzare l'asticella non oltre il 75 per cento.

I numeri si piegano alla realtà, esattamente come era successo per i banchi in classe. Anche qui, fra mascherine e rotelle, i cento centimetri di sicurezza sono scesi, con buona pace di regole, prescrizioni e rime buccali inizialmente considerate irrinunciabili. Certo, ci sarà un kit di strumenti per rendere meno pericoloso l'affollamento: la mascherina anzitutto, obbligatoria a bordo, e poi i divisori - ma non l'odiato plexiglas che si rompe sul più bello - e i filtri per l'aria, senza contare che i bus aprono le porte in continuazione e quindi il ricambio naturale è assicurato.

Alla riunione decisiva, fondamentale per il già complicatissimo avvio dell'anno scolastico, partecipa mezzo governo: con Boccia c'è la titolare dei Trasporti Paola De Micheli; collegati il ministro della Sanità Roberto Speranza e la criticatissima collega dell'Istruzione, la traballante Lucia Azzolina. Di fronte a loro i rappresentanti delle Regioni che premono per strappare misure più soft. Qualche giorno fa, in un'intervista al Corriere della Sera, Andrea Gibelli, presidente di Asstra, l'associazione del trasporto pubblico locale, aveva fissato i termini della sfida: per fronteggiare l'esplosione della domanda sarebbero serviti, con le capienze attuali, altri 20mila bus e 31mila autisti.

Cifre da fantascienza, alla vigilia della ripartenza.

Dunque, l'unica strada percorribile era quella di abbandonare la tolleranza zero e di introdurre parametri più flessibili.

Così è stato. Si va all'80 per cento, fra accorgimenti, escamotage, raccomandazioni. Diminuiranno i posti in piedi, ma con le cosiddette separazioni removibili - tutte ancora da installare - si cercherà di limitare i rischi. Niente calca, ma nessuno a terra, in un equilibrio difficilissimo. La distanza non vale più per i congiunti e anche per chi abita nella stessa unità abitativa e addirittura, in piena nouvelle vague post Covid, per chi abbia rapporti interpersonali stabili. Un mistero, fra burocrazia e ipocrisia. Ancora, i tram vecchi, che non sanno cosa sia il riciclo, viaggeranno con i finestrini aperti: un raffreddore è sempre meglio del contagio. Tutti i mezzi, treni compresi, avranno dispenser per lavare le mani. E il governo promette 350 milioni sul piatto: 200 alle Regioni, 150 a Comuni e Province, per potenziare la rete.

Tutti sperano nella mobilità sostenibile che però, per ora, è solo un'espressione suggestiva.

E poi scommettono su scaglionamento degli ingressi e smart working per non saturare gli uffici. «La volontà di fare il bene dei nostri ragazzi - riassume Boccia - ha fatto superare polemiche e ostacoli».

Si spera sia così.

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