Il governo evita allarmismi: "Un'iniziativa individuale"

Il Viminale non cade nella trappola dei toni elettorali Gentiloni: «Lo Stato severo con chi alimenta l'odio»

Il governo evita allarmismi: "Un'iniziativa individuale"

Tolleranza zero verso chiunque tenti di destabilizzare il Paese, e influenzare la campagna elettorale. Ma è chiaro che altri sono i pericoli e gli allarmi, rispetto al gesto folle di Macerata: «iniziativa criminale di carattere individuale, sicuramente preparata e progettata», come la definirà al termine di una giornata convulsa il ministro dell'Interno, Marco Minniti. È la linea della fermezza, quella che il governo esprime a bocce ferme, dopo la gran paura della mattinata. Quando, in attesa di particolari, il premier Paolo Gentiloni piantava in asso la Bonino nel mezzo del suo discorso alla convention di +Europa e si attaccava al telefonino. «Stretto» come sempre il contatto con il presidente Mattarella, ma anche, con il passare delle ore che tracciavano i reali confini della minaccia, con il sindaco marchigiano Carancini e il capo della polizia Gabrielli. Oltre che, naturalmente, con Minniti che verso le 15 a Palazzo Chigi forniva al premier un quadro più preciso della situazione. Che Gentiloni puntualmente richiamava in una dichiarazione di ringraziamento per l'opera delle forze dell'ordine. «Comportamenti criminali non possono avere alcuna motivazione ideologica - diceva il premier -. I delinquenti sono delinquenti. Lo Stato sarà particolarmente severo verso chiunque pensi di alimentare una spirale di odio e violenza. Fermiamo questo rischio subito, insieme».

Appello misurato, come nello stile gentiloniano, a tutte le forze politiche affinché siano «responsabili», che sottraeva meritoriamente Palazzo Chigi a un pericolo diverso, non meno insidioso: quello di farsi strumento di una propaganda elettorale pretestuosa e già carica di tensione per altri mille motivi, a cominciare dall'evidente disagio sociale. Cosa che lo stesso premier, poche ore prima alla kermesse della Bonino, non aveva mancato di sottolineare: «Il Paese non può andare fuori strada... dobbiamo sanare tutte le ferite e guardare in faccia al disagio che c'è nella nostra società».

Anche sulla base di queste considerazioni Gentiloni si premurava quindi di far sentire la vicinanza del governo «a una comunità nei giorni scorsi già colpita da un efferato delitto nel quale è stata massacrata una ragazza. La magistratura assumerà le proprie decisioni, ma una cosa è certa: delitti efferati e comportamenti criminali saranno perseguiti e puniti. Questa è la legge, questo è lo Stato». Il legame con il terribile assassinio della diciottenne Pamela Mastropietro, che anche l'Osservatore romano e la locale Curia mettevano in risalto, per l'evidente «clima di forte tensione» che si respira in città, rendeva palese il contesto dell'azione «a sfondo razzista» dello squilibrato Traini. «Quanto accaduto è inaccettabile - diceva pure Minniti - e ricorda moltissimo un raid rappresaglia, una rappresaglia armata del tutto casuale. Ma in una democrazia non è consentito a nessuno farsi giustizia da solo, se ci fosse un'idea di farsi giustizia da solo...».

Il contesto di insicurezza ed esasperazione però c'è, e veniva fuori quando Minniti raggiungeva Macerata per presiedere il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza: qualche accenno di contestazione accoglieva il titolare del Viminale, la cui opera di prevenzione e contenimento della minaccia migratoria nessuno però può mettere in discussione. Così come, a proposito delle organizzazioni razziste, «non c'è alcuna sottovalutazione e nessuna tolleranza», come affermò Minniti alla Camera, nel dicembre scorso.

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