Ad oggi, numeri alla mano, i giallorossi non hanno la maggioranza nella commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Forse Giuseppe Conte non ci ha mai prestato la dovuta attenzione. Ma è da lì che può iniziare la "vendetta" della Lega che da un anno a questa parte presiede, tra le altre, anche quella commissione. "Se il governo volesse intervenire, per esempio, sul tema immigrazione, è da lì che deve passare...", mette in chiari il vicepresidente leghista di Palazzo Madama, Roberto Calderoli, promettendo in una intervista all'agenzia Agi che in entrambi i rami del parlamento sarà una guerra senza esclusione di colpi. Il premier non può, dunque, sperare in una passeggiata. Passato il voto di fiducia, inzierà il vero calvario. Gli uomini di Matteo Salvini, che alla Camera presiedono cinque commissioni e al Senato sei, sono pronti a tutto pur di fermare grillini e democratici.
In tempi non sospetti Claudio Borghi, che guida la commissione Bilancio della Camera, aveva twittato: "Ricordo a chiunque sognasse governi alternativi che i presidenti di commissione non decadono...". E Calderoli, considerato dai compagni di partito e dagli avversari politici il maggior esperto di regolamenti parlamentari attualmente sulla piazza, sa molto bene come trarre vantaggio da questa posizione. Ci sono due fattori in modo particolare che, a suo avviso, potranno consentire al Carroccio una forza d'urto considerevole per mettere i bastoni tra le ruote al nuovo esecutivo: la presidenza, appunto, di ben undici commissioni tra Camera e Senato e la maggiore complessità del regolamento di Palazzo Madama riguardo l'esame dei provvedimenti in commissione.
A Montecitorio, come faceva già notare tempo fa il Fatto Quotidiano, tengono in pugno Bilancio, Ambiente e Lavori pubblici, Trasporti e Telecomunicazioni, Attività produttive e Lavoro; a Palazzo Madama, invece, presiedono Affari costituzionali, Giustizia, Difesa, Finanze e Tesoro, Istruzione e Agricoltura. In alcuni casi, come si erano subito accorti i dem all'indomani dell'accordo con i Cinque Stelle, si tratta di commissioni strategiche, soprattutto in vista di provvedimenti chiave come appunto la legge di Bilancio. Per i giallorossi il Senato in modo particolare rischia di trasformarsi in un vero e proprio Vietnam. Anche se il peso dei numeri della nuova maggioranza circoscriverebbe l'azione dei presidenti di Commissione, non sarebbe comunque sufficiente ad impedirebbe, ad esempio, a un salviniano doc come Borghi di tentare di rallentare l'esame della manovra economica. "Prima di fare i ribaltoni ci dovevano pensare bene...", replicava nei giorni scorsi l'economista del Carroccio a tutti quei piddini che chiedevano ai leghisti un passo indietro. Per regolamento, infatti, i presidenti di commissione, che sono andati alla Lega in virtù del patto di governo stretto l'anno scorso con i Cinque Stelle, rimarranno in carica fino a metà legislatura. E, quindi, i giallorossi non potranno far nulla per uscire indenni da questa situazione.
"A parte la sessione di Bilancio, dove abbiamo i presidenti delle commissioni Bilancio alla Camera e Finanze al Senato - fa notare Calderoli all'Agi - su qualunque tipo di provvedimento è facile mettere in crisi il governo". Il potere di un presidente di commissione non è certo da poco. Non solo può, infatti, ritardare il percorso di un disegno di legge ma, quando si tratta di un decreto legge, può addirittura bloccarlo del tutto facendolo arenare nelle pieghe della "burocrazia" delle due Camere. Se la nuova maggioranza giallorossa non si dimostrerà abbastanza compatta, per la Lega sarà sin troppo semplice metterle i bastoni tra le ruote. E non solo alla commissione Affari costituzionali del Senato dove Cinque Stelle e democratici non hanno la maggioranza.
"Inoltre - fa notare Calderoli all'Agi - ricordo che mentre sull'ammissibilità degli emendamenti, alla Camera, c'è sempre la possibilità di fare ricorso al presidente dell'Assemblea, al Senato no". La guerra, insomma, è appena iniziata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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