I l ministro Danilo Toninelli si incarta sulla ricostruzione del ponte Morandi. «È normale - dice il titolare delle Infrastrutture ai microfoni di Radio anch'io - che Autostrade per l'Italia debba mettere i soldi, ma è altrettanto normale che non possa ricostruire». Toninelli non ha le idee chiare su chi, materialmente, dovrà rimettere in piedi il ponte: «L'ipotesi di Fincantieri e Cassa depositi e prestiti è una delle strade. Non è la decisione di un singolo. È una decisione del governo». E anche sui tempi lunghi di un'eventuale gara il ministro nicchia: «Mi preoccupa più che il ponte venga ricostruito da chi lo ha fatto crollare».
Mentre a Roma il grillino ingaggia la battaglia contro la famiglia Benetton, a Genova l'archistar Renzo Piano, dopo un incontro con il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, è già al lavoro con il progetto per la ricostruzione del viadotto crollato il 14 agosto. Ma Toninelli ignora l'urgenza dell'intervento, dando priorità alla propaganda. Dal profilo Facebook, il ministro ritorna su tema dei profitti e dei pedaggi, mettendo nel mirino i governi passati: «Stiamo cambiando tutto. Stiamo smontando un sistema ciclopico che sembrava granitico. Un sistema malato, fatto di connivenze, di complicità tra vecchia politica e grandi potentati economici». E poi ancora un affondo sulle convenzioni: «Finalmente sono pienamente pubblici, sul sito del mio ministero, tutti i documenti che riguardano le convenzioni. Con il Governo del cambiamento tutti potranno consultare anche gli altri allegati e i tanto discussi Piani economico-finanziari (Pef), in cui si riporta la correlazione (sballata) tra incrementi tariffari e investimenti, il famigerato parametro K. Ci si renderà davvero conto di come la politica abbia svenduto l'interesse pubblico sull'altare di un capitalismo di relazione che ha alimentato i fatturati dei privati e, dall'altra parte, le casse dei partiti». Un discorso in perfetto stile grillino, che, però, non offre alcuna soluzione.
Nelle ore in cui la macchina della propaganda grillina inonda i social di attacchi alla società concessionaria, nella città della tragedia, l'archistar consegna nelle mani del governatore Toti e del sindaco di Genova Marco Bucci un plastico contenente la «nuova idea di ponte». «Quando è crollato il viadotto Morandi ero a Ginevra - racconta Piano - e da allora non penso a altro. Quello del ponte è un tema che tocca tutti e tutte le corde: da quella tecnologica a quella poetica». Per Piano si tratta di una tragedia che non si può dimenticare, «ma l'architettura fa questo: celebra e costruisce, la città costruisce cambiamenti e documenta. L'importante è non cadere nella retorica». «Spero di essere utile, lo faccio con molta convinzione. Bisogna che la città ritrovi orgoglio e riscatto, bisogna ricostruire questo ponte, ripensando l'intera area della val Polcevera».
Il senatore a vita, che frena sui tempi record, chiarisce che «non si può parlare di disegno progettuale ma di impegno morale a fare in modo che questo nuovo ponte porti con sé i tratti della genovesità, anche della nostra parsimonia. E ci dovrà essere il ricordo della tragedia; questo è un tema molto importante».
Piano pensa alla memoria ma guarda anche avanti. «Il tema della ricucitura tra centro e periferia - spiega - è nel mio dna. Per Genova quella può essere un'area di grandissima importanza perché la città non può più pensare di svilupparsi sul mare o di aggredire le colline, visti anche i problemi del rischio idrogeologico.
Quell'area è di enorme interesse». Un quartiere che potrebbe diventare vera e propria memoria della tragedia, magari con un monumento sul modello di «ground zero». Mentre a Roma si litiga, a Genova hanno già in mente il futuro.
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