Il governo si ritrova con le armi spuntate. "Queste norme obbligano ad accogliere tutti"

L'ammiraglio Caffio: "La strada è in salita. Il caso Rackete punto di svolta"

Il governo si ritrova con le armi spuntate. "Queste norme obbligano ad accogliere tutti"

Linea dura su fondo molle. «Stoppare» il traffico delle navi delle Ong nel Mediterraneo ha senso, ma la strada è in salita. Lo conferma al Giornale l'ex ammiraglio Fabio Caffio, esperto di diritto marittimo e accurato analista della crisi migratoria attraverso il Mediterraneo. «Se la nave di una Ong soccorre un migrante in acque libiche, passa per la zona Sar maltese e arriva in Italia», ragiona Caffio, «chi è competente per il Place of safety?». Esempio calzante, analisi scoraggiante. Perché se la competenza «è del Paese responsabile della zona Sar», spiega l'ex ammiraglio, è anche vero che la Libia dal 2019 non è più un porto sicuro dove sbarcare i migranti salvati. «Lo dicono continua - l'Unhcr e il decreto di Di Maio del 4 ottobre 2019 sui Paesi di origine sicura». Malta con i suoi 500mila abitanti e una minima capacità di accoglienza «tiene un profilo basso», chiosa Caffio. Resta l'Italia. E le Ong. «Tutto comincia nel 2013 ricorda l'ex ammiraglio - durante Mare Nostrum, la missione umanitaria della Marina, con la Guardia Costiera, competente per la Sar, che fa salvataggi deviando le navi mercantili, che nel solo 2014 salvano circa 40mila migranti». Ma gli armatori non ci stanno, e così tocca alle Ong, «coordinate prosegue Caffio - dalle Capitanerie che con Una vis, nel 2016, le accreditano e utilizzano come proprio strumento per le attività di soccorso». Nel 2018 la Libia stabilizzata «non vuole più prosegue - le Ong nelle proprie acque». Come pure il governo gialloverde e Salvini, «che dice alle capitanerie di non chiamare le Ong e di rivolgersi alla Libia». Che però nel 2019 torna «non sicura». E riecco le Ong.

Il punto di svolta? Il quasi speronamento della nave Gdf da parte della Sea Watch 3 nel 2019. «Rackete viene prosciolta. E la Cassazione afferma l'equazione soccorso uguale sbarco in porto sicuro», spiega Caffio. Un principio poi «reso giuridico con il decreto legge 130/2020», aggiunge. Insomma, la linea dura del governo Meloni si scontra con «una normativa e dei principi dedicati ad accogliere tutti». Anche il decreto per «sloggiare» Humanity è a rischio. «La discriminante applicata non mi sembra avere una base solida nella nostra legislazione», taglia corto l'ex ammiraglio. Che una strada la vede ancora percorribile. «Quella dei corridoi legali di espatrio, già indicata dal governo. E coinvolgere la Ue, pretendere che sia parte attiva. Serve un meccanismo di consultazione rapido, una cabina di regia a Bruxelles che decida in fretta sulla ripartizione tra Paesi Ue, che a Malta funziona e da noi fa ridere. Oltre a politiche comuni per punire i trafficanti, che perseguiamo solo noi in Italia».

Quanto al tema degli Stati di bandiera delle navi, qualcosa anche qui si potrebbe fare,

conclude l'ex ammiraglio. «Chiedere almeno a Spagna e Francia, perché a Germania e Norvegia mi pare difficile, di imporre alle navi delle Ong che battono la propria bandiera di portare i migranti salvati nei propri porti».

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