È ripresa la battaglia sul Mes. Complice una situazione di cassa che si annuncia difficile, anche per i rinvii delle scadenze fiscali e i versamenti sospesi dall'ultimo decreto Ristori, e un quadro macroeconomico che rischia di cambiare rapidamente, il ministero dell'Economia è tornato a battere cassa. Gualtieri, convinto che servano tutte le risorse a disposizione; altri invece certi che si possa allargare i cordoni della borsa, facendo altro deficit ed emettendo titoli di debito pubblico sostenuti dalla politica espansiva della Bce.
A questa tendenza appartiene il Movimento 5 stelle. Ieri il viceministro all'Economia, Laura Castelli (nella foto), ha definito il Mes «uno strumento di finanziamento. Non è quello che hanno raccontato certe forze politiche. Non è un libro sogni. Noi non vogliamo questo strumento, non è utile, non è vantaggioso. Non serve per scrivere una riforma futura» del sistema sanitario, ha spiegato nel corso di un'intervista radiofonica. La tesi dei Cinque stelle è che il ricorso al mercato per i titoli di Stato sia conveniente e che quindi non serva aderire alla nuova linea di prestito del fondo Salva stati finalizzato alle spese sanitarie.
L'uscita di Castelli è stata aspramente criticata dal senatore Pd Gianni Pittella, vice presidente del gruppo dem a Palazzo Madama e politico molto ascoltato a Bruxelles. «La viceministra dell'Economia Castelli, nonostante il suo ruolo, evidentemente non segue l'andamento dei mercati e l'aumento di interessi sui Titoli di Stato. I componenti del governo, compresa Laura Castelli, dovrebbero attenersi all'impegno che ha preso Conte. Deve essere il Parlamento a valutare su basi concrete e non sui pregiudizi fuori dalla realtà dell'esponente 5 stelle».
L'esponente democratico di fatto torna a indicare la strada del Parlamento, che fino a qualche settimana fa era anche quella voluta dal premier Giuseppe Conte e dal ministro Gualtieri, anche se poi sembrava essere passata in secondo piano. Ora tra Camera e Senato è attivo il gruppo trasversale «Mes subito» del quale fanno parte parlamentari di tutti i gruppi tranne Lega, Fdi e Leu. Ieri Antonio Tajani è tornato a chiedere di ricorrere al prestito da 36 miliardi. «Il Mes per altri paesi non è conveniente per noi sì. Il costo del denaro è inferiore rispetto agli interessi che dovremmo pagare con i Titoli di Stato. Di fronte ai problemi della sanità il governo ha temporeggiato per 6 mesi e quei soldi erano disponibili da giugno». Possibile che l'esecutivo alla fine chieda veramente al Parlamento di pronunciarsi.
Anche perché le nuove misure fiscali del decreto Ristori possono incidere sulla liquidità dello Stato.L'occasione potrebbe essere l'iter parlamentare della Legge di Bilancio. E anche la richiesta di scostamento di bilancio, che ormai anche al Mef danno per scontata.
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